Le relatio dei circoli minori sulla terza parte dell’Instrumentum laboris dovevano essere presentate ieri, invece, lo saranno oggi. I lavori si sono protratti oltre il previsto, ma una cosa la possiamo affermare: dopo gli oltre 700 modi, cioè emendamenti e precisazioni, piovuti sulle prime due parti dell’Instrumentum, ce ne sono tantissimi anche sulla discussa terza parte, quella che contiene gli elementi più dibattuti dentro e fuori l’Aula del Sinodo.
Ieri, dopo il consueto briefing con la stampa, il giornalista francese Sebastien Maillard (lavora alquotidiano cattolico La Croix) ha twittato 85 caratteri di fuoco. «Schiacciante maggioranza contro la comunione ai divorziati risposati, secondo un osservatore nell’aula del Sinodo», così ha buttato il sasso nel mare social.
Visto il numero ingente di modi presentati dai circoli anche sulla terza parte dell’Instrumentum laboris, è probabile che ci sia davvero una maggioranza dei padri che esclude il cambiamento dell’attuale prassi per l’accesso all’Eucaristia dei divorziati risposati. Questo, ovviamente, sarà tutto da verificare.
Una certa garanzia che i vari modi presentati verranno ben tenuti in considerazione in sede di stesura del documento finale è data dal fatto che gli stessi relatori dei vari circoli, tra cui anche monsignor Chaput, monsignor Kurtz, i cardinali Coleridge e Piacenza, hanno lavorato fino a tardi per lo “scrutinio” di tutti i modi presentati.
Un’altra voce piuttosto insistente riguarda la possibile soluzione dei nodi del Sinodo con una sorta di “devolution” verso le Chiese locali.
Appare significativo quanto ricordato ieri in sala stampa dal cardinale Wilfried Napier, uno dei quattro presidenti delegati. «Il Sinodo darà grande impulso alle Chiese locali per garantire buoni matrimoni attraverso una buona preparazione, ma anche un chiaro insegnamento».
Questa, senza lanciarci in improbabili pronostici, potrebbe essere la via definitiva che imboccherà il Sinodo. E cioè, per dirla con uno slogan, «devoluzione pastorale, ma non dottrinale», una via che non manca di sollevare forti perplessità anche in molti padri sinodali, una via che sarà tutta da decifrare. Soprattutto rispetto alle questioni più complesse e delicate per la fede.
Significativo a questo proposito è quanto ha dichiarato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. «La Dottrina», ha detto a Radio Vaticana, «riguarda l’indissolubilità del matrimonio, ma la parte pastorale è quella che vive e si relativizza anche alle situazioni, naturalmente con un principio, come diceva anche Papa Benedetto XVI quando parlava del Concilio: “C’è una continuità, non c’è una contraddittorietà all’interno della Dottrina».
A questo dobbiamo aggiungere che ancora ieri pomeriggio dentro l’Aula non si aveva totale certezza di come sarà votato il documento finale sabato prossimo.
É di qualche giorno fa la voce che il Papa potrebbe anche istituire una commissione per approfondire ancora sui temi più controversi, per arrivare poi alla sua decisione finale durante l’Anno giubilare che è ormai alle porte.
Su questo, ci dicono dall’Aula, «le dicerie vanno e vengono». Comunque, il segretario generale, cardinale Lorenzo Baldisseri, ha recentemente dichiarato che si andranno a votare i singoli paragrafi, così come fu nel 2014.
Un’altra questione di cui si discute molto riguarda l’interpretazione mediatica del Sinodo. La voce più forte l’hanno sollevata coloro che ritenevano i cardinali “conservatori”, e ambienti a loro legati, come i veri responsabili di indebite pressioni mediatiche.
L’apice si è toccato con la vicenda della lettera dei 13 cardinali, una lettera che, invece, sembra aver dato i suoi effetti positivi.
Almeno a sentire il cardinale Napier, uno dei firmatari della lettera, che innanzitutto ribadisce che non c’è stato nessun tentativo di condizionare il Sinodo, ma i firmatari hanno agito «nello spirito che ha chiesto il Papa», vale a dire quello di «parlare con sincerità e ascoltare con umiltà».
Questo, ha detto ancora Napier, ha determinato la risposta del Papa in aula che ha sgomberato il campo da ogni ambiguità, soprattutto ha marcato la differenza rispetto al Sinodo del 2014.
«Io», ha detto il cardinale sudafricano, nel 2014 «ero anche nella commissione per la redazione del documento finale e sembrava che si spingesse in una certa direzione, sembrava esserci una ideologia o agenda particolare».
Quindi, a sentire Napier, sembra proprio che le preoccupazioni della lettera dei 13 cardinali fossero più che legittime, e hanno sortito il loro effetto rendendo i lavori più trasparenti e collegiali.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana