Valli: le mie domande al Papa di cronista e cristiano – di Tommaso Scandroglio

Aldo Maria ValliSe Dio non è cattolico – parola di Papa Francesco riportata da Civiltà Cattolica – allora è perlomeno lecito dubitare che lo stesso papa non sia cattolico. Con questo fulminante sillogismo prende l’abbrivio 266. Jorge Mario Bergoglio Franciscus P.P. (Edizioni Liberilibri), ultima fatica del vaticanista del Tg1 Aldo Maria Valli, agile libretto in cui il segno di interpunzione più ricorrente è il punto interrogativo. Una sterminata serie di punti interrogativi ad indicare – ci pare – più domande retoriche che dubbi sul pontificato di Francesco.

Due sono gli elementi di maggior interesse di questa inchiesta giornalistica. Innanzitutto l’esaustività dei temi trattati: la misericordia, la pastorale vs la dottrina, i principi non negoziabili, l’accesso alla comunione per i divorziati risposati, la nullità canonica del matrimonio, il Giubileo appena conclusosi, i due sinodi sulla famiglia, il “chi sono io per giudicare” (ormai vero e proprio topos teologico), l’omosessualità, il proselitismo, l’emigrazione, il rapporto con l’Islam, i protestanti e le chiese ortodosse, il Family Day, le conferenze stampa ad alta quota e il problema della comunicazione in Vaticano, la povertà evangelica e quella socialista, e molto molto altro ancora.

Il secondo aspetto pregevole di “266…” risiede nel fatto che Valli non si accontenta di fare l’inventario delle parole e gesti del Papa più problematici, ma  – confrontandoli con il Magistero di sempre – risale alle fonti teologiche e culturali che li hanno prodotti per arrivare a domandarsi se nello scafo della barca del successore di Pietro si siano aperte le falle del relativismo e del soggettivismo. Perché se fosse così tutti i cattolici ivi imbarcati starebbero peggio dei profughi di Lampedusa.

Un libro da consigliare soprattutto ai normalisti (copyright Mario Palmaro), cioè a tutti coloro i quali fanno spesso i carpiati doppi per tentare di ricondurre nell’alveo della sana dottrina alcune affermazioni del Santo Padre – ritenute da molti – disinvolte, sconnesse se non incongrue. La Nuova BQ l’ha intervistato

Perdoni la franchezza: a cosa serve un libro come il suo? E per analogia a cosa servono dubia e missive indirizzate al Papa per denunciare ambiguità o persino errori dottrinali del suo pontificato?

Un piccolo libro come il mio serve soprattutto a me stesso, e non sto scherzando. Serve a mettere in fila i fatti cercando il filo conduttore. Un cronista vive la quotidianità all’insegna della fretta. Ho quindi avvertito il bisogno di fare il punto della situazione individuando i motivi di una crescente inquietudine che ho avvertito in me stesso, come credente e come figlio della Chiesa, soprattutto dopo la lettura e la rilettura di Amoris laetitia.

Il librino è stato accolto molto bene, siamo alla terza edizione, e ciò significa che evidentemente le mie perplessità sono condivise da molte persone. Anche su questo dato bisognerebbe interrogarsi.

Quanto ai dubia, è preciso dovere, non solo diritto, dei cardinali, in quanto principali collaboratori del papa, esprimere con rispetto le proprie valutazioni quando in gioco ci sono la retta dottrina e il rischio che i fratelli non siano confermati nella fede, con grande pericolo per la salvezza delle anime.

Il dibattito, in tutte le sue implicazioni, probabilmente sfugge a molti fedeli, ma certamente se i cardinali evitassero di porre certe questioni commetterebbero un peccato di omissione.

Esiste un fronte interno alla Chiesa fatto da laici preparati e alti prelati che la pensa come lei? È numeroso e soprattutto è capace di incidere efficacemente?

Sinceramente non lo so. Dai sacri palazzi non ho ricevuto reazioni o commenti. Sono numerosissimi invece i fedeli laici e i semplici preti che mi hanno scritto, dicendosi a loro volta perplessi e disorientati. Sono tutte persone innamorate di Gesù e della Chiesa. Persone che nella stragrande maggioranza dei casi non si pongono problemi di schieramento, ma desiderano soltanto che nella dottrina non ci siano zone d’ombra e che l’insegnamento della Chiesa non ceda, magari inconsapevolmente, alle linee di pensiero dominanti oggi nel mondo, ovvero un certo sincretismo, un diffuso relativismo, un sempre più marcato soggettivismo.

Il cattolico della domenica nutre le sue stesse riserve sull’operato di questo Papa?

Anche in questo caso non sarei onesto se rispondessi con un sì o un no. Non possiedo gli elementi per una valutazione accurata. Posso dire che quando vado in una parrocchia incontro sempre qualcuno che mi ringrazia per aver dato voce a dubbi e perplessità. In genere mi ringraziano anche per il tono che ho usato e per non essere diventato aggressivo.

Ma incontro anche chi mi dice di non condividere le mie osservazioni critiche. Anche tra i lettori del mio blog rilevo le stesse reazioni, con una maggioranza di persone che mi ringrazia e una minoranza che invece esprime il suo disaccordo.

Purtroppo c’è anche qualcuno che trascende, ma credo che sia inevitabile quando si usano i social media. In generale noto che nella comunità cattolica c’è un grande desiderio di Verità.

Dalla lettura della sua inchiesta pare proprio che il fil rouge di questo pontificato sia una visione solo orizzontale della fede e della morale. Da qui i suoi rilievi in merito ad un certo pragmatismo, populismo, pauperismo e pastoralismo del Pontefice.

Nell’insegnamento di Francesco si trova di tutto, come si vede bene in Amoris laetitia, dove c’è la difesa del matrimonio cristiano, fondato sull’indissolubilità e sull’apertura alla vita, ma c’è pure l’idea che questo in fondo non sia che un ideale, forse un po’ troppo elevato e quindi, alla fine, non adatto alla realtà dei nostri tempi.

Francesco può dunque essere citato da “destra” o da “sinistra” (uso queste categorie soltanto per semplicità) con la stessa efficacia. Il problema, a mio avviso, e che, sottesa all’intero magistero, c’è un’idea quanto meno semplificata della misericordia divina. Francesco tende a fare della misericordia un assoluto, sganciato dalla questione della giustizia.

Dio è senz’altro un Padre misericordioso, ma non è possibile separare la misericordia dalla giustizia. Se lo facciamo, rischiamo di trasformare la misericordia in un dovere di Dio e l’ottenimento della misericordia in un diritto dell’uomo. Non è così. La misericordia è dono elargito a chi è disposto alla conversione, al pentimento, al riconoscimento del peccato.

La misericordia, inoltre, non è il colpo di spugna di un padre che dimentica tutto. Se così fosse, sarebbe azzerato il principio della responsabilità personale e ci sarebbe uno svilimento della libertà.

Dobbiamo sempre chiederci qual è il fine: un generico benessere psico-fisico o la salvezza dell’anima? Se non ci poniamo la questione della salvezza, rischiamo di mettere al centro l’uomo, non Dio.

Vedo poi della superficialità soprattutto a proposito di tre argomenti: l’unità dei cristiani, l’accoglienza dei migranti, il dialogo con l’Islam.

Circa l’unità dei cristiani, mi sembra che il papa rischi di fondare il confronto sul nulla quando chiede di tralasciare gli aspetti teologici per concentrarci sulle cose che i cristiani di diverse confessioni possono fare di comune accordo.

La Chiesa non è un’agenzia assistenziale, o per lo meno non lo è in primo luogo. Se si riduce tutto all’azione sociale, senza precisare i fondamenti teologici, si rischia di annacquare la fede e di toglierle ogni fondamento.

D’altra parte, senza un approfondimento teologico anche il dialogo resta un generico “volersi bene”. Non dobbiamo mai perdere di vista la questione fondamentale della Verità.

Circa l’accoglienza dei migranti, mi sembra che il papa sia troppo generico quando chiede di aprire le porte, senza tenere nel debito conto il problema della difesa dell’identità cristiana e, in particolare, europea.

È vero che l’Europa è stata costruita con il contributo di diverse culture, ma è anche vero che non ci sarebbe Europa, come la conosciamo noi oggi, se non ci fosse stato il Cristianesimo e che l’Europa è quella che è oggi anche perché in alcuni frangenti ha saputo difendersi dall’Islam.

Proprio per quanto riguarda il dialogo con l’Islam, credo che il papa sia superficiale quando afferma che gli estremismi ci sono in tutte le religioni. Questo è certamente vero, ma è altrettanto vero che l’Islam ha un particolare problema con la violenza, e le origini del problema stanno nel Corano. È un dato di fatto che non possiamo ignorare, e il modo migliore di aiutare i fratelli musulmani è di prenderne consapevolezza.

Che fare con il caso Bergoglio, come lei l’ha definito? Denunciare e poi?

Non si tratta di denunciare. Si tratta di vivere da cristiani, a testa alta, utilizzando il grande dono della ragione aperta alla trascendenza e al sacro.

Leggiamo nella sfera di cristallo: il prossimo Papa quale scenario si troverà a gestire?

Non lo so. Temo che dopo l’era Francesco, a causa della necessità di rimettere ordine nella dottrina e nella pastorale, si possa arrivare a un pontificato di restaurazione. Ma non dobbiamo mai perdere la fiducia nello Spirito!

Infine una curiosità. Il libro è stato edito oltre che dalla casa editrice Liberilibri dalla Libreria Editrice Vaticana. Qualcosa non ci torna. Ai piani alti sono così indulgenti verso di lei?

No, no, si tratta di un equivoco. Liberilibri ha chiesto il nullaosta alla Lev per la citazione dei brani del papa, come è tenuta a fare ogni casa editrice, ma non c’è alcuna compartecipazione della Lev nell’edizione del libro.

 

Fonte: La NBQ