E ora che Hillary Clinton deve riprendersi “Barack e burattini” e tornarsene a casa (non quella “Bianca”), ora che il suo Partito Democratico è stato “sBarackato” anche alla Camera dei rappresentati e al Senato, cosa rimane della sinistra dei salotti newyorkesi? Rimane l’epiteto che lei – la candidata della grande finanza di Wall Street, dei guerrafondai e delle star di Hollywood – ha lanciato contro quell’America popolare che vota Trump: “miserabili”.
Una parola che esprime il disprezzo e un certo senso di superiorità antropologica che caratterizza le “élites progressiste” nei confronti di quella gente del popolo che non vuole più farsi comandare da loro.
Loro: gli illuminati, i migliori, i raffinati, i predestinati al potere, al governo del mondo.
E’ un po’ l’approccio di tutte le Sinistre verso il “popolo”, giudicato rozzo, incolto (o anche peggio) quando fa di testa sua e decide di votare certi outsider che i salotti radical-chic definiscono “impresentabili” o “populisti”.
COME IN ITALIA
A noi italiani sembra di rivedere lo stesso film che è andato in onda qua ogni volta che le elezioni sono state vinte da Berlusconi o hanno visto il successo dei grillini.
Il sociologo Luca Ricolfi – che pure non è di centrodestra – negli anni passati ha dedicato alcune pagine memorabili a questa Sinistra che – invece di interrogarsi sui bisogni veri della gente – squalifica moralmente l’avversario e il popolo che non la vota: un riflesso pavloviano che, riprendendo un’acuta definizione di Marcello Veneziani, Ricolfi definiva “razzismo etico”.
In un passo celebre del suo libro “Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori” scrive:
“La sinistra perde non soltanto perché è arrogante, presuntuosa e insincera. Perde anche perché non capisce la società italiana, non è in grado di guardare il mondo senza filtri ideologici, non sa stare fra la gente, ha perso del tutto la capacità di ascoltare e la voglia di intendere”.
La sinistra perde – spiegava Ricolfi – perché nega perfino l’evidenza (con quelle che Popper chiamava le ipotesi ad hoc). Come ieri la sinistra marxista negava o occultava i disastri e le infamie dei Paesi dell’Est, così oggi le Sinistre negano le evidenze che invece per la gente comune sono concretissime (per esempio, da noi, su euro, immigrazione, impoverimento, tasse, disoccupazione).
Siccome sui media domina l’ideologia di queste élite e non la realtà, la rappresentazione che viene fatta è sempre una narrazione apologetica dei pensieri dell’establishment, spacciati per assoluta verità fattuale.
Sono quei pensieri illusori che – fino all’8 novembre – facevano scrivere a tutti i giornali che Hillary Clinton aveva già vinto e – mesi prima – che la Brexit non avrebbe mai prevalso. Ma lo sanno anche loro che la “gente gente” non li sopporta più, che vuole “sBarackare” l’establishment.
Per questo evitano più possibile le verifiche elettorali e quando queste verifiche si presentano c’è chi si augura addirittura che non sia un autentico suffragio universale.
SURREALE
Il 7 novembre scorso – per dire – su “Repubblica”, tutta una pagina di “Cultura” era riempita da un articolo di Maurizio Ferraris che iniziava così: “Domani un numero non grandissimo di cittadini americani sarà chiamata a pronunciarsi sull’alternativa tra Hillary Clinton e Donald Trump. E’ in fondo una buona cosa che negli Stati Uniti il voto sia una procedura complicata, perché se bastasse premere un pulsante sul telecomando è altamente probabile che il vincitore sarebbe Trump che, come si dice con una espressione che fa riflettere, parla alla pancia della nazione”.
Siccome invece molta gente è andata a votare ha vinto davvero Trump. E siccome la gente comune, quella in carne e ossa, ha gridato il suo “vaffa” ai Democratici, alle caste familiari dei Clinton e degli Obama (e pure dei Bush), adesso si assiste agli anatemi, più o meno dissimulati, dei radical chic contro il suffragio universale.
E’ il film che si è già visto per la Brexit, quando si è arrivati a teorizzare il governo degli illuminati. Ed è il film che si è ripetuto con le elezioni americane. Si potrebbe fare una divertente rassegna di commenti. Stavolta, in Italia, il pensiero più indispettito è stato quello di Vito Mancuso che ha scritto: “Nietzsche su vittoria Trump: ‘E’ l’epoca delle masse: esse si sdraiano sul ventre dinanzi a tutto quanto è quantitativamente esorbitante’ ”.
A parte il fatto che le stesse masse quattro anni fa avevano eletto Obama e in quel caso non risulta che Mancuso avesse espresso lo stesso disgusto. Ma Nietzsche non era il vate dell’antidemocrazia evocato dai movimenti di destra totalitaria del Novecento? Non è una citazione leggermente infelice?
Il fatto è che “Nun ce vonno sta”, come si dice a Roma. Negli Usa in queste ore vengono inscenate perfino manifestazioni di piazza contro l’elezione di Trump, cosicché – per una comica eterogenesi dei fini – i campioni della democrazia finiscono per manifestare contro la democrazia stessa.
ROSSO ANTICO
Da noi un ex o post comunista come Fabrizio Rondolino, giornalista dell’Unità, ha tuonato direttamente contro il suffragio universale: “Il suffragio universale comincia a rappresentare un serio pericolo per la civiltà occidentale”.
Non si sapeva, finora, che Rondolino fosse stato nominato salvatore della civiltà occidentale. La cosa induce all’ilarità. Ma il fatto che si pensi di difendere la civiltà occidentale delegittimando il suffragio universale non è proprio del tutto tranquillizzante.
E’ ancora più preoccupante che a esprimere pensieri simili sia qualcuno che in Italia è stato ed è molto più importante di Rondolino, un altro post comunista, ma oggi presidente emerito della repubblica: Giorgio Napolitano.
Il quale ha commentato così le elezioni americane: “Siamo innanzi a uno degli eventi più sconvolgenti della storia della democrazia europea e americana, direi uno degli eventi più sconvolgenti della storia del suffragio universale, che non è sempre stata una storia lineare e di avanzamento, da tanti punti di vista, delle nostre società e dei nostri Stati. Qualche volta l’esito di votazioni a suffragio universale è stato anche foriero di gravissime conseguenze negative per il mondo”.
Se l’allusione è al fascismo e al nazismo è del tutto discutibile che essi abbiano instaurato la dittatura attraverso il suffragio universale (a me non risulta affatto).
Ma, lasciando stare le conoscenze storiche di Napolitano, forse uno che ha militato una vita nel Partito comunista e che per anni acclamò il totalitarismo sovietico dei carri armati e dei Gulag, dovrebbe avere un po’ di pudore a esprimersi così. A meno che, in fin dei conti, non voglia restare coerente con quella storia.
Una volta Bertolt Brecht, in uno dei suoi rari momenti di perlessità, disse ironicamente, a proposito dei dirigenti comunisti della Germania Est che reprimevano la sollevazione popolare nel 1953, che il Partito ha deciso di sfiduciare il popolo e di nominarne uno nuovo.
In fondo – sia pure sotto altre forme – sembra una pretesa persistente. Ma invece gli uomini liberi continuano a pensare che debbano essere i popoli a scegliersi e a sfiduciare i governanti. Anche con un sonoro “vaffanculo” come quello americano.
Antonio Socci
Da “Libero”, 11 novembre 2016
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