Si deve dare atto a Giorgio Napolitano che, nell’accettare la candidatura a un secondo mandato da presidente della Repubblica, ha fortunatamente anteposto il bene dell’Italia ai propri progetti personali. E’ un gesto ancor più apprezzabile se si considera che proprio il riferimento a un bene più grande delle proprie ragioni è stato il grande assente nella fase politica post-elettorale, un fattore che ci ha portato in questa situazione tragicomica.
Chiave della crisi è stato senz’altro il Partito Democratico che, dopo aver ostinatamente rifiutato di prendere in considerazione l’unica strada praticabile per un governo, ha usato le elezioni del Presidente della Repubblica per regolare i conti al proprio interno in una specie di surreale Congresso.
Irresponsabile l’atteggiamento del segretario Bersani, criminale chi ha organizzato le imboscate in parlamento. Ma affermare, tutti insieme, che prima viene l’unità del partito e del centrosinistra e poi il resto, è il segno di quanto sia ormai sfacciato il perseguimento dei propri interessi e di quanto il bene comune non vada più di moda neanche come slogan per fare bella figura.
In modo speculare si sta comportando il Movimento 5 Stelle, con l’assurda pretesa che qualche centinaio di voti via internet (peraltro neanche certificati) siano il popolo italiano. Quello che è successo negli ultimi giorni e sta succedendo in queste ore, dovrebbe ormai aver aperto gli occhi ai più sulla tendenza totalitaria di questo movimento, la minaccia per la democrazia che esso comporta.
Certo, non avrebbe raggiunto il successo elettorale se la classe politica italiana non si fosse dimostrata così poco seria e se la parentesi del governo Monti fosse servita anche a tentare il rilancio economico dell’Italia; e non si sarebbe rafforzato politicamente se Bersani non si fosse consegnato nelle loro mani.
Ma la forza distruttiva dei grillini, le loro tendenze fascio-comuniste (non è un caso la sintonia con il Sel di Vendola), le zone oscure che stanno dietro questo movimento, erano ben individuabili anche prima delle elezioni. Eppure in tanti hanno giocato a carezzarli. Cattolici compresi.
E a questo proposito è inutile reclamare ora per l’atteggiamento di certi partiti quando in campagna elettorale li si è legittimati. Guardando i risultati si dovrà pur ripensare la linea data dai vertici della Conferenza episcopale secondo cui i cattolici possono militare in qualsiasi partito, basta poi votare in parlamento per la legge sul fine vita e contro i matrimoni gay.
Quando il quotidiano della Cei ha titolato che si può benissimo essere cattolici e grillini oppure quando ha sostenuto – e sostiene – che non c’è alcun problema nel militare nel Pd, non potevano non sapere che avrebbero favorito partiti che nel loro programma – dicasi nel programma, non nelle intenzioni di qualcuno – hanno come priorità la distruzione della famiglia, il disprezzo della vita, l’educazione di Stato.
E passato lo scoglio delle elezioni per il Quirinale, non dimentichiamo che, grazie anche a quelle scelte, avremo a che fare con un Parlamento che su questi temi ha una maggioranza schiacciante anti-vita e anti-famiglia.
Oggi, con la rielezione di Napolitano, tiriamo un sospiro di sollievo pensando a quale sarebbe stata l’alternativa in questa situazione, ma da domani si apre una nuova pagina che richiede altro che sermoncini moralisti e strategie politiche da dilettanti allo sbaraglio.
Serve una chiarezza di giudizio su quelle che sono le priorità che ci stanno a cuore e su quelle tornare a giudicare politici e partiti.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana