Una voce fuori dal coro, dopo la condanna delle Pussy Riots, è quella del sociologo torinese Massimo Introvigne, coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa costituito dal Ministero degli Esteri. Certamente – osserva il sociologo – le voci che protestano contro condizioni di detenzione troppo dure e una pena troppo severa meritano di essere ascoltate, tenuto conto della situazione personale delle giovani imputate”. “Tuttavia – prosegue – non si può, come alcuni fanno, andare oltre ed esaltare il gesto per cui le Pussy Riots sono state condannate. Ho l’impressione che non tutti conoscano esattamente i fatti.
Le Pussy Riots hanno cantato una canzone dove non si limitano ad affermazioni politiche ma chiamano il patriarca ortodosso ‘puttana’, e il cui ritornello fa il verso alla liturgia ortodossa ripetendo ‘La merda, la merda, la merda del Signore’. E non l’hanno cantata in un loro locale, e neppure in una piazza, ma nella cattedrale di Mosca, uno dei luoghi più santi dell’ortodossia russa”.
“Come sempre – afferma Introvigne – trovare l’equilibrio fra la libertà di espressione e il diritto delle confessioni religiose a non essere offese, specie nei loro luoghi di culto, è delicato. Ma non è giusto aggredire la Chiesa Ortodossa russa quando presenta, non senza buone ragioni, la presunta performance ‘artistica’ delle Pussy Riots come una violazione dei diritti dei cristiani all’integrità dei loro luoghi di culto, che non possono indiscriminatamente diventare teatro di proteste politiche, anche giustificate, nel corso delle quali si offende la sensibilità della comunità cristiana”.