Come cattolico e come economista non accademico, ho sempre pensato e riconosciuto che la miseria morale andasse debellata per prima, al fine di debellare quella materiale. Pensavo, ricordando gli insegnamenti dei miei maestri di dottrina (gesuiti) che l’origine del male, della miseria, era da trovarsi nel peccato che genera avidità, egoismo, indifferenza e così via.
Leggendo il libro-documento di Jorge Loredo, Teologia della Liberazione – Un salvagente di piombo per i poveri (Cantagalli 2014) – che propone una ricostruzione critica di questa corrente – apprendo invece che la cosiddetta Teologia della Liberazione afferma praticamente il contrario, cioè che debellando la miseria materiale si vince persino la miseria morale.
Non solo, apprendo che l’inequità nella ripartizione delle risorse è origine di tutti i mali, direi persino del peccato stesso. Ohimè. Questo libro va letto e discusso, proprio in questo momento storico, ma alla fine della lettura mi sono domandato se si trattasse “solo” di una analisi della Teologia della Liberazione, o invece di uno studio analitico del processo di decristianizzazione sviluppatosi e trasformatosi nei tempi e nella storia.
La materia di questo libro è soprattutto “teologica e apologetica”. Si rifletta: il capitalismo (come sistema economico) è segno di contraddizione poiché produce benessere materiale per molti, ma confonde chi non ha maturato capacità di discernimento del senso della vita e delle azioni e non considera l’economia solo un mezzo, per ben altri fini. Il socialismo marxista-progressista (sempre come sistema economico) invece non è segno di contraddizione: esso produce malessere materiale e morale. Non confonde, illude. Sentirlo difendere da teologi, fa soffrire.
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