Sudan: è nata in carcere la bimba di Meriam, la donna cristiana condannata a morte per apostasia

Daniel Wani, il marito di Meriam Ibrahim, la donna sudanese imprigionata e condannata a morte in Sudan per la sua fede (e non è l’unica, ndr), è stato intervistato oggi da Avvenire. Wani, malato e sulla sedia a rotelle, racconta la «gioia», ma anche la «frustrazione» per la situazione della moglie che ieri ha partorito la loro seconda figlia Maya, ora in carcere con la madre assieme al primo figlio, Martin, che ha solo 20 mesi.

«Mia moglie e mia figlia stanno bene», dice Wani, «ma non mi hanno permesso di vederle. Forse lo faranno domani, forse no. L’unica cosa positiva è che mi hanno detto che le mie visite in carcere passeranno da una a due volte a settimana».

 

IN CATENE. Wani racconta che Maya è stata «una benedizione, una speranza. E nel nostro caso significa anche molto di più», ma la situazione rimane tragica: «Ogni volta che vado a trovarli non mi danno molto tempo per parlare con Meriam e Martin, il mio primogenito. E poi c’è sempre qualcuno che ci controlla». Meriam «cammina in catene» e «ha avuto anche complicazioni durante la gravidanza, ma non ne conosciamo l’entità perché non è stata visitata da un medico».

 
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