«In questo momento, quelli che realizzano meglio la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi». Basterebbe questa frase – che è l’incipit di una intervista sulla Cina rilasciata a Vatican Insider (edizione in spagnolo) – per provocare il licenziamento immediato di monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze sociali. Oltre ad essere un insulto al buon senso, una tale affermazione rappresenta una miscela esplosiva di: ignoranza abissale (sia della Dottrina sociale che della situazione in Cina), dipendenza ideologica, e disprezzo dei cristiani cinesi, che soffrono tuttora una dura persecuzione.
È un mix che rivela impietosamente la totale inadeguatezza del prelato argentino a ricoprire un ruolo così delicato in Vaticano.
Tanto più che a quella affermazione iniziale seguono una serie di idiozie che descrivono la Cina popolare come una sorta di paradiso in terra, un po’ come i vecchi comunisti italiani si figuravano l’Unione Sovietica di Stalin. Rispetto per l’ambiente, priorità del lavoro per tutti, non ci sono baraccopoli, non c’è droga, e via delirando.
Per chi volesse approfondire, una puntuale confutazione delle affermazioni di monsignor Sorondo potete trovarla qui e qui.
Ma la cosa ancora più incredibile è che a sostegno delle proprie tesi sul servizio al bene comune che il regime cinese promuoverebbe, Sorondo cita l’economista Stefano Zamagni che glielo avrebbe «assicurato» personalmente.
Da noi interpellato al telefono, ovviamente il professor Zamagni cade dalle nuvole e – oltre a rinviare ai suoi libri e interventi pubblici per conoscere il suo pensiero – fa notare che «si può parlare di bene comune solo all’interno della tradizione cristiana».
Della Cina si può dire che negli ultimi anni ha promosso politiche volte a «diminuire le disuguaglianze economiche», ma parlare di bene comune è semplicemente ridicolo; anzi Zamagni mette in guardia dal fermarsi al solo aumento del Pil senza considerare altri indicatori sociali che danno un’immagine della Cina molto meno idilliaca.
Purtroppo siamo abbastanza certi che ancora una volta non accadrà nulla. Perché, e questo ci interessa sottolineare, l’uscita sulla Cina non è una semplice gaffe – per quanto assurda – di un personaggio pittoresco ma tutto sommato innocuo.
Fosse così ce la caveremmo con una risata. No, qui la situazione è molto più seria.
Intanto le assurdità sulla Cina si inseriscono in un contesto più ampio di cedimento della Santa Sede davanti al regime di Pechino, che in Vaticano viene dipinto in modo irragionevolmente ottimistico.
Dunque l’uscita di Sorondo, che ha rappresentato in Cina la Santa Sede per una conferenza internazionale sul trapianto degli organi, rivela un atteggiamento nei confronti della Cina che va ben oltre le sue preferenze personali.
Inoltre monsignor Sorondo, con le sue Accademie, è diventato in questi anni il punto di riferimento per la svolta “umanitarista” della Santa Sede che, ad esempio, ha permesso l’infiltrazione in Vaticano dei più noti esponenti del movimento per il controllo delle nascite. Non a caso sono cominciate aperture importanti sul tema della contraccezione.
Per non parlare del tentativo di far passare una ipotesi scientifica – quella di un catastrofico riscaldamento globale causato dalle attività umane – per magistero autentico.
E le cose sono maturate a tal punto che monsignor Sorondo qualche tempo fa ha potuto tranquillamente affermare che «stiamo vivendo un momento magico perché per la prima volta, il discorso della Chiesa e il discorso del mondo rappresentato dalle Nazioni Unite vanno insieme». Un momento magico, come magica è la situazione in Cina.
Ma è proprio qui la posta in gioco: l’omologazione della Chiesa cattolica al pensiero del mondo. E in questo Sorondo è soltanto una pedina.