Solo 596 riti. La legge francese sul matrimonio gay è un flop

Tre mesi dopo l’entrata in vigore in Francia della “legge Taubira”, che  legalizza il matrimonio omosessuale, sono 596 i riti  celebrati. A dirlo è la radio pubblica France Inter che ha indagato fra  gli uffici demografici delle 50 città più importanti del Paese. A Parigi si  contano 241 matrimoni gay, a Nizza 37, mentre nelle altre città non si superano  le 30 unioni.

 

L’AMMISSIONE DI LE MONDE. I dati non sono completi ma Le Monde, che ha fatto da portavoce alla battaglia gay, ha  ammesso che la partenza è a rallentatore. Perciò anche se 596 matrimoni sono 596  coppie omosessuali che possono adottare bambini, un editoriale del Foglio di oggi fa notare la futilità della norma, «approntata in poche settimane dalla  maggioranza al potere, approvata con una fretta degna di miglior causa e senza  riguardo per la crescente opposizione dell’opinione pubblica».

Le  Monde, come riportato nell’editoriale, confessa poi che l’attesa è «che  si spenga la fiammata delle manifestazioni anti matrimonio gay e che la riforma  sia socialmente accettata». Così, continua il Foglio, «in un colpo solo,  il quotidiano che ha fieramente sostenuto il marriage pour tous (traduzione: matrimonio per tutti) ammette che la  protesta dei contrari continua ad essere imponente e che la riforma è stata  calata dall’alto sulla testa dei francesi».

 

LA BATTAGLIA CONTINUA. Purtroppo però la legge c’è e non  prevede l’obiezione di coscienza, inizialmente accettata dal presidente Francois  Hollande. Perciò, «in Francia è stata aperta un’inchiesta su Marie-Claude  Bompard, la prima cittadina di Bollène, nel Vaucluse, che per motivi di  coscienza si è rifiutata di unire in matrimonio una coppia di donne», rischiando  «fino a 5 anni di carcere e 75mila euro di ammenda» (qui vi abbiamo raccontato la sua  vicenda).

Per questo ora il movimento della “Manif pour tous” è  impegnato per l’approvazione di una norma che garantisca l’obiezione di  coscienza, mentre il Collettivo dei sindacati dell’infanzia, subito dopo  l’approvazione della legge che ha subito messo nei guai diversi sindaci e non solo, sta ingaggiando una battaglia per  il riconoscimento dell’obiezione di coscienza davanti al Consiglio  costituzionale.

 

articolo pubblicato su Tempi.it