Ha avuto vasta eco mondiale, nel settembre scorso, la vicenda di Kim Davis, funzionaria dello Stato americano del Kentucky che ha finanche sfidato il carcere pur di tener fede ai propri valori. La donna si è infatti rifiutata di rilasciare licenze matrimoniali a coppie dello stesso sesso adducendo un’obiezione di coscienza. Casi analoghi potrebbero presto proporsi in Italia, dove non il matrimonio omosessuale bensì le unioni civili, dopo esser state approvate in Senato, attendono il voto della Camera.
Lungo tutto lo Stivale monta un sentimento di rigetto popolare nei confronti di un istituto che – si denuncia – equipara le coppie di fatto, anche omosessuali, alle famiglie fondate sul matrimonio.
Sentimento che ha contagiato anche coloro che rivestono ruoli istituzionali. E che è stato raccolto da Fabrizio Di Stefano, deputato di Forza Italia. Oggi, ultimo giorno utile per presentare emendamenti al ddl Cirinnà sulle unioni civili, l’onorevole azzurro ne espone uno per chiedere l’introduzione della facoltà, per sindaci e amministratori pubblici, di ricorrere all’obiezione di coscienza.
Di Stefano si è così fatto interprete di numerosi sindaci italiani, i quali hanno unito le loro voci a quella dell’Associazione ProVita Onlus e in particolare del suo portavoce, Alessandro Fiore, per invocare questo diritto.
Presentando l’iniziativa alla stampa, Di Stefano ha sottolineato come in un Paese, qual è l’Italia, in cui si è sempre attenti a rispettare le sensibilità di tutti, arrivando persino a togliere dalle aule i crocifissi benché siano un nostro patrimonio culturale, “sarebbe giusto anche rispettare la volontà di quei sindaci e amministratori pubblici che non intendono registrare le unioni civili di persone dello stesso sesso”.
A una settimana dall’inizio del passaparola tra i primi cittadini italiani, i promotori dell’iniziativa stimano che le adesioni superino già il 10%. “Ma la cifra è destinata ad aumentare molto”, promette Di Stefano.
Tra i più entusiasti sostenitori, il sindaco di Castiglion Fiorentino (Ar), Mario Agnelli. Presenziando anche lui all’incontro con la stampa, ha esposto il proprio punto di vista a ZENIT.
Egli ha tenuto a sottolineare che l’iniziativa è stato propiziata dalle sue dichiarazioni pubbliche, rilasciate nel febbraio scorso, quando il ddl Cirinnà non era ancora stato approvato.
Disse che non sarebbe stato disponibile a celebrare unioni civili tra persone dello stesso sesso. “Non lo dico perché sono contro gli omosessuali – chiarisce il sindaco della città di Roberto Benigni – ma lo dico perché sono favorevole alla famiglia naturale”. Agnelli chiede dunque “rispetto” per le proprie opinioni da parte dei legislatori.
Con l’emendamento di Di Stefano – aggiunge – “non si fa altro che rivendicare che il pluralismo delle opinioni su di un tema sensibile venga tutelato”.
A chi lo accusa di compiere un atto illecito, contravvenendo al suo ruolo di amministratore pubblico, Agnelli risponde così: “Prima di espormi pubblicamente, mi sono sincerato che nel mio Comune vi fossero sensibilità diverse. Ho appurato che ci sono funzionari disponibili a celebrare unioni civili, quindi l’istituto è garantito”.
Agnelli declina l’etichetta di capopopolo dei sindaci. “Non è mio compito radunare i miei colleghi per organizzare manifestazioni pubbliche – dice – piuttosto spero sia il Parlamento a fare la sua parte e a recepire l’appello che giunge da chi ha una diversa sensibilità sull’argomento”.
L’auspicio di Agnelli rischia però di essere soffocato dalla granitica maggioranza che possiede il Partito Democratico alla Camera. Lo stesso Di Stefano, relatore dell’emendamento, annuncia che difficilmente una simile clausola potrà essere inserita nel ddl Cirinnà. Tuttavia – aggiunge – “una battaglia non agevole ma giusta merita di essere combattuta lo stesso”.
Battaglia condotta nella stessa trincea della moltitudine di persone che ha partecipato al Family Day. Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, che ha organizzato quelle adunate pro-famiglia, ha detto di “condividere pienamente” l’iniziativa di ProVita Onlus.
Il neurochirurgo ha rilevato che “la clausola di coscienza è costituzionalmente garantita”. Tutelare questo diritto, quindi, è “una questione di civiltà”. Così come lo è tutelare l’istituto della famiglia anche nell’ambito dell’amministrazione locale.
A tal proposito Gandolfini ha lanciato un appello in vista delle elezioni: “L’invito ai cittadini è a farsi una propria idea sui candidati sindaci in base alla loro sensibilità rispetto ai temi della famiglia”.
Fonte: Zenit