La degenerazione del conflitto che flagella l’Iraq ha portato papa Francesco e i suoi collaboratori a una mobilitazione senza precedenti che segna un nuovo salto di qualità nelle relazioni tra la Santa Sede e i rappresentanti dell’islam. Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il dipartimento del Vaticano incaricato di mantenere a nome del papa le relazioni con l’islam, ha appena pubblicato un documento per chiedere “una presa di posizione chiara e coraggiosa da parte dei responsabili religiosi, soprattutto musulmani”.
Il dicastero vaticano, diretto da quello che è stato il “Ministro” degli Esteri di Giovanni Paolo II, il cardinale francese Jean-Louis Tauran, in questi ultimi anni è stato estremamente attento per evitare di urtare la sensibilità dei leader religiosi islamici.
Il cardinal Tauran, nominato da papa Benedetto XVI per questo incarico nel 2007, dopo l’enorme crisi provocata dalle interpretazioni del suo discorso all’università tedesca di Ratisbona, utilizza ora un linguaggio del tutto inusuale in Vaticano (cfr. Dichiarazione del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, 12 agosto 2014).
Il documento si inquadra nella campagna che papa Francesco sta guidando per far fronte alle atrocità commesse contro i cristiani, le comunità degli Yazidi e le altre minoranze da parte dell’autonominatosi Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS dalle iniziali in inglese).
Il Vaticano ha appena pubblicato anche la lettera che il papa ha scritto a Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, per chiedere alla comunità internazionale e alle agenzie dell’ONU una reazione immediata che impedisca la catastrofe umanitaria che ha luogo nel nord dell’Iraq.
Il cardinale Fernando Filoni si è recato in Iraq a nome del papa per portare la vicinanza personale di Francesco e tutta la conoscenza del Paese che ha accumulato come nunzio di Giovanni Paolo II. È stato uno dei pochissimi diplomatici che non hanno abbandonato il Paese durante la seconda Guerra del Golfo, nel 2003.
Il messaggio vaticano inviato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso chiede ai leader religiosi musulmani di condannare “l’esecrabile pratica della decapitazione, della crocifissione e dell’impiccagione di cadaveri nelle piazze pubbliche”.
Allo stesso modo, chiede che si oppongano alla scelta che lo Stato Islamico pone ai cristiani e agli Yazidi: “la conversione all’islam, il pagamento di un tributo (la jizya) o l’esodo”.
Rivendica quindi una reazione dei leader religiosi islamici contro “il rapimento di ragazze e di donne appartenenti alle comunità Yazidi e cristiane come bottino di guerra”, “la barbara imposizione della pratica dell’infibulazione” e “la distruzione dei luoghi di culto e dei mausolei cristiani e musulmani”.
“Nessuna causa può giustificare tale barbarie e certamente non una religione”, spiega il Vaticano. “Si tratta di una gravissima offesa all’umanità e a Dio che è il Creatore”, afferma il Pontificio Consiglio, citando esplicitamente papa Francesco.
Il Vaticano conclude poi con una domanda: se i leader religiosi, in particolare quelli musulmani, non hanno la capacità di denunciare senza ambiguità questi crimini, “quale credibilità avranno le religioni, i loro seguaci e i loro leader? Quale credibilità potrebbe avere ancora il dialogo interreligioso così pazientemente perseguito negli ultimi anni?”
Il dialogo tra l’islam e la Chiesa cattolica ha appena fatto un salto di qualità, basato sulla verità, detta senza peli sulla lingua. Ci saranno evoluzioni. Restiamo sintonizzati.
articolo pubblicato su Aleteia