Il 29 giugno la Chiesa celebra la solennità dei santi Pietro e Paolo. Il loro culto, nella città di Roma, risale ai primi secoli della cristianità.
In un inno in onore di Pietro e Paolo dell’inizio del V secolo attribuito a sant’Ambrogio – ricorda Carlo Carletti – si legge «”Grandi folle si dirigono verso una città così illustre: in tre vie si celebra la festa dei santi martiri”.
Così. Un’immagine indubbiamente incisiva che coglie il movimento in itinere dei pellegrini verso i tre diversi siti della città (trinis viis celebrantur), dove il 29 giugno si commemorava la memoria congiunta dei due apostoli: sul colle Vaticano, sulla via Ostiense, nella località in catacumbas sulla via Appia.
Questa triplice commemorazione è già accennata nel più antico calendario liturgico della Chiesa romana — la depositio martyrum del tempo di Papa Marco (336) — con la notazione cronologica dell’anno 258, che si riferisce all’avvio di una celebrazione apostolica sulla via Appia.
Di qui, in epoca successiva, confluisce in forma più definita e meglio articolata nella redazione bernense del Martirologium Hieronymianum, compilata al tempo di Stefano II (752-757): “29 giugno. A Roma il giorno anniversario degli apostoli: di Pietro sulla via Aurelia in Vaticano, di Paolo sulla via Ostiense; di ambedue in catacumbas dall’anno del consolato di Tuscus e Bassus (258)”».
E Fabrizio Bisconti si sofferma nel commentare una suggestiva immagine, quella dell’affresco rinvenuto nella catacomba dell’ex Vigna Chiaraviglio presso San Sebastianode: «La rappresentazione, riferibile alla seconda metà del IV secolo, vede sei figure maschili, vestite in tunica e pallio, disposte in teoria e separate da esili palmizi.
Le immagini propongono un simmetrico crescendo gestuale che, dall’immobilità filosofica dei personaggi estremi, passa all’adclamatio e al forte abbraccio dei principi degli apostoli, che riconosciamo nei tratti fisionomici delle più definite matrici romane.
Se la gamma cromatica risulta estremamente povera, la struttura iconografica appare meditata e originale, tanto da pensare che si ispiri a un manifesto figurativo monumentale, rappresentato in una postazione imprecisata, forse proprio nel complesso di San Sebastiano, che, come è noto, viene riconosciuto, in antico, come memoria apostolorum».
L’abbraccio fra Pietro e Paolo, scrive Bisconti, «si cala perfettamente in una atmosfera politico-religiosa, che vede il confronto con gli ultimi baluardi della resistenza pagana e assurge a immagine emblematica della doppia apostolicità di Roma, una sorta di manifesto, ma anche «un invito alla conversione dei pagani», come osservava anni addietro Richard Krautheimer, un segnale che i tempi erano maturi per unirsi in una fede, che era stata fondata da Pietro il pescatore, ma anche da Paolo, l’intellettuale».