Ormai volge alla fine e nessuno si è curato di loro, nessuno li ha mai nominati, né mai consultati in qualche sede, né tantomeno sono stati invitati al Sinodo per fornire la loro testimonianza. Così, silenziati, da un anno in qua stanno seguendo con sempre maggiore preoccupazione e senso di impotenza le opinioni di grandi e minuscoli uomini su argomenti che li riguardano e sui quali avrebbero un diritto sacrosanto, nel pieno senso del termine, di interloquire.
Sono in numero superiore a quello che si pensi, ma nessuno li ha mai contati perché non interessano alle statistiche laiche e nemmeno alla pastorale cattolica, infatti stanno in mezzo ai fedeli ordinari senza sollevare problemi né pretendere nulla, anzi, quando possono, danno una mano a chiunque abbia necessità di aiuto materiale e spirituale.
Mi riferisco ai divorziati che hanno liberamente scelto di vivere secondo il Vangelo, quelli che hanno messo la fede al primo posto della propria esistenza, che sono rimasti nella Chiesa come salde colonne che reggono con la loro coerenza cristiana la vita della loro famiglia, tronca di un genitore ma non del Padre di tutti.
Sono persone che hanno accolto la croce della mancanza di un amore umano rifugiandosi in quello più appagante e totalitario che offre Gesù, quelli che non hanno avuto paura di imboccare la porta stretta perché sanno che quella larga e spaziosa porta alla perdizione. (Mt 7,13)
Hanno capito che Nostro Signore ha messo già in conto che sulla terra ognuno ha una croce da portare ed essi quella croce, così imprevista, non hanno cercato di togliersela di dosso o di alleggerirsela, ma l’hanno abbracciata rinnegando se stessi per seguirlo, e salvare così la propria vita (Mt 16, 23-26).
Ma hanno anche sperimentato che Egli chiede solo uno sforzo iniziale (Lc 13,24) perché poi è Lui stesso che conduce attraverso quella porta. E hanno creduto alle Sue parole quando ha detto: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.
Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.” (Gv 15, 4-11)
Se in questi mesi avessero avuto diritto di parola avrebbero spiegato che il loro sostegno è la preghiera, l’assiduità ai Sacramenti, un santo direttore spirituale, la frequentazione di gruppi di preghiera e di adorazione eucaristica.
Avrebbero raccontato che la loro forza spirituale è stata intensificata da tutte quelle devozioni considerate ormai sorpassate, come se il Signore si fosse svelato ai mistici solo perché dai loro colloqui potessimo scegliere i nomi dei culti ai quali intestare le università e gli istituti religiosi.
Inoltre avrebbero precisato che i Santi, ai quali Gesù ha concesso la sua amicizia, sono diventati anche loro amici, sono familiari che riempiono i momenti vuoti con i loro scritti e le loro testimonianze spirituali.
I divorziati non risposati sono fra quelli che hanno letto la Bibbia, conoscono il Catechismo della Chiesa Cattolica e frequentano i ritiri spirituali di guarigione interiore per riuscire a perdonare e, soprattutto, a perdonarsi, pacificandosi così con Dio e con il prossimo.
Vivono nella gioia del cuore, come promesso da Gesù, perché hanno accettato di essere purificati dai loro peccati nel crogiuolo dell’afflizione (Is 48,10) e, consapevoli di essere stati perdonati, hanno accettato l’offerta di un’altra opportunità di santificazione.
Se avessero potuto presentare la loro testimonianza avrebbero mostrato ai dubbiosi che sono persone di ogni età e di entrambi i sessi, senza fanatismi o esaltazioni, che amano la vita vivendola appieno e che trasmettono la pace del loro cuore a chiunque incontrino.
Avrebbero potuto rassicurare gli increduli che veramente gli amici di Dio chiedono e ottengono, che i loro figli crescono sani e ubbidienti, che sulle macerie del matrimonio sbagliato dei loro genitori i giovani sanno costruirsi una vita giusta, e che nessuno di loro si perde.
Perché ai genitori divorziati che sono rimasti fedeli alle loro promesse matrimoniali non interessa solo la salvezza della propria anima ma anche quella dei loro figli e i frutti di una scelta così radicale li raccolgono spesso subito, quando vedono i propri ragazzi frequentare spontaneamente i luoghi di incontro per i giovani cristiani e, una volta adulti, li osservano costruirsi una casa sopra la roccia dove, entrando, si avverte il buon profumo della fede.
E la gioia maggiore è sentire che ai loro piccoli, appena iniziano a balbettare, fra le prime parole insegnano gli unici nomi per i quali vale veramente la pena di vivere, quelli di Gesù e di Maria.
Questo avrebbero testimoniato quelli esclusi dalle logiche delle soluzioni possibili, ma non è stato tenuto conto di loro perché, semplicemente, non interessavano a nessuno.
Paola de Lillo