Quella «visita» di Padre Pio nella cella del cardinal Mindszenty

La figura di san Pio da Pietrelcina, il frate con le stimmate pregato e venerato da milioni di persone, non finisce mai di stupire. Un nuovo tassello è stato appena aggiunto alla raccolta di episodi misteriosi che hanno accompagnato la sua vita. Si tratta di una testimonianza pubblicata in un libro presentato ieri, in occasione del decimo anniversario della dedicazione del nuovo moderno santuario di San Giovanni Rotondo, che accoglie il corpo del frate, e riguarda un fenomeno di bilocazione che avrebbe portato Padre Pio in una cella di Budapest, dov’era rinchiuso il cardinale József Mindszenty, primate d’Ungheria.

Il libro s’intitola «Padre Pio. La sua chiesa, i suoi luoghi, tra devozione storia e opere d’arte» (Edizioni Padre Pio da Pietrelcina), ed è stato scritto da Stefano Campanella, direttore di TeleRadio Padre Pio nonché autore di numerosi saggi sulla figura del santo del Gargano.

Il cardinale Mindszenty era stato incarcerato nel dicembre 1948 dalle autorità comuniste ungheresi e condannato all’ergastolo l’anno successivo dopo un processo farsa che lo accusava di cospirazione contro il governo.

Per otto anni rimase in carcere e agli arresti domiciliari, venne liberato durante l’insurrezione popolare del 1956, quindi si rifugiò nell’ambasciata statunitense di Budapest dove rimase fino al 1973, quando Paolo VI lo sollevò dalla guida della diocesi.

Proprio negli anni più duri trascorsi in carcere sarebbe avvenuto l’episodio di bilocazione che avrebbe portato Padre Pio a portare conforto al porporato. A testimoniarlo davanti ai giudici del processo di beatificazione del frate è uno degli uomini che gli furono più vicini, Angelo Battisti, amministratore della Casa Sollievo della Sofferenza nonché dattilografo della Segreteria di Stato vaticana.

Ecco come è descritta la scena della visita di Padre Pio a Mindszenty nel libro: «Il Cappuccino stigmatizzato, mentre è a San Giovanni Rotondo, si reca da lui per portargli il pane e il vino, destinati a diventare corpo e sangue di Cristo, cioè realtà dell’ottavo giorno; in questo caso la bilocazione acquista ancora di più il significato di anticipazione dell’ottavo giorno, cioè della resurrezione, quando il corpo viene liberato dai limiti di spazio e tempo; simbolico è, quindi, il numero di matricola sul pigiama del detenuto: il 1956 è l’anno della liberazione del porporato».

«Come è noto – ha raccontato Battisti nella sua testimonianza agli atti del processo canonico – il cardinale Mindszenty fu arrestato e messo in carcere e guardato a vista. Col passare del tempo si faceva vivissimo il desiderio di poter celebrare la santa messa.

Una mattina gli si presenta Padre Pio con tutto l’occorrente. Il cardinale celebra la sua santa messa e Padre Pio gliela serve: poi parlarono e alla fine Padre Pio scompare con quanto aveva portato. Un sacerdote venuto da Budapest, incontrandomi, mi confidò riservatamente il fatto, pregandomi se potevo avere una conferma dal Padre. Gli risposi che se avessi chiesto una cosa del genere Padre Pio mi avrebbe cacciato a male parole».

 

Ma una sera del marzo del 1965 Battisti al termine di un colloquio, dice al frate stimmatizzato: «Padre, il cardinale Mindszenty ha riconosciuto Padre Pio?». Dopo una prima reazione contrariata, il santo del Gargano risponde: «Che diamine, ci siamo visti e ci siamo parlati, vuoi che non mi abbia riconosciuto?».

Confermando così la bilocazione in carcere avvenuta anni prima. «Poi – aggiunge Battisti – si fece mesto e soggiunse: “Il diavolo è brutto, ma lo avevano ridotto più brutto del diavolo!”.

Il che sta a dimostrare che il Padre lo aveva fin dall’inizio del suo arresto soccorso, perché non si può umanamente concepire come il cardinale avesse potuto resistere a tutti i patimenti ai quali è stato sottoposto e che lui descrive nelle sue memorie. Il Padre concluse: “Ricordati di pregare per questo grande confessore della fede, che ha tanto sofferto per la Chiesa”».

 

fonte: Vatican Insider