Quei conventi (da sempre) pieni di carità – di Giuliano Guzzo

Povero Papa Francesco, eterno ostaggio dei media. Non può sussurrare o dire alcunché che subito, di colpo, si trova addosso la casacca variopinta del rivoluzionario. Ieri, per esempio, non ha potuto nemmeno ricordare che «i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi» in quanto «sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati» (queste le sue reali parole) che subito, sul web, si è sparsa la voce secondo cui il Sommo Pontefice avrebbe caldeggiato il regalo dei conventi agli immigrati.

Una bufala, evidentemente. Bufala che da un lato deforma il reale contenuto dell’invito papale all’accoglienza e, d’altro lato, lascia intendere che quelle di Papa Bergoglio siano parole sovversive, quasi esplosive, novità assolute.

Mentre invece è l’esatto contrario dal momento che è propria dell’esperienza della Chiesa una forte tensione all’ospitalità. Basti pensare, per stare alla sola Italia, allo sterminato elenco di strutture religiose che si convertirono in dormitori per sfollati e senzatetto durante o subito dopo la Seconda Guerra Mondiale – l’ex convento di San Francesco a Ripa, il Convento dei Passionisti di Sora, il Convento di Sant’Antonio di Nocera Inferiore e l’ex Convento di San Domenico a Lodi, tanto per fare alcuni nomi – oppure in seguito a eventi sismici, come fece nel 1980 il monastero del Carmine in provincia di Napoli, ospitando non pochi terremotati. Gesti di carità che, purtroppo, sfuggono alla memoria storica di tanti.

Così come sfugge il fatto che la Chiesa in più occasioni è arrivata ad accogliere bisognosi con rischi immensi. E’ il caso dei circa 4000 ebrei – oltre la metà dei 7000 che si nascondevano a Roma – che, per volontà di Papa Pacelli (1876-1958), trovarono rifugio in conventi o in altre proprietà ecclesiastiche della Capitale.  Si calcola che quasi 447 ebrei furono accolti all’interno della sola Città del Vaticano.

La Chiesa, insomma, sa bene che le proprie strutture «sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati».

E’ una lezione chiara da sempre. A volte però può accadere che l’attaccamento alle cose terrene offuschi il dovere evangelico dell’ospitalità. Ed è questo, solo questo, che ieri Francesco ha voluto ricordare. Con buona pace di quanti non vedono che, in fondo, non ha fatto altro che riportare l’attenzione di tutti al cuore del Cristianesimo: il Vangelo.

 

Fonte: il blog di Giuliano Guzzo