(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.207, Ven. 12/09/2014) – Essere cristiani significa essere «un po’ stolti», almeno secondo la logica mondana. E per nulla autoreferenziali, tanto che da soli non si riesce a far nulla e proprio per non spaventarci ci viene in soccorso la grazia di Dio.
Sono le linee fondamentali della vita cristiana, centrata sulla novità del Vangelo che capovolge i criteri del mondo, riproposte da Papa Francesco durante la messa celebrata stamani, giovedì 11 settembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
Invitando a leggere e rileggere, anche quattro volte se necessario, il capitolo sesto del Vangelo di san Luca — la liturgia di oggi propone in particolare i versetti 27-38 — il Pontefice ha ricordato come Gesù ci abbia dato «la legge dell’amore: amare Dio e amarci come fratelli».
E il Signore, ha aggiunto il Papa, non ha mancato di spiegarla «un po’ di più, con le Beatitudini» che riassumono bene «l’atteggiamento del cristiano».
Nel passo del Vangelo di oggi, però, Gesù va ancora oltre e «spiega di più a quelli che erano attorno a Lui per ascoltarlo». Anzitutto, ha suggerito il Papa, esaminiamo «i verbi che usa: amate; fate del bene; benedite; pregate; offri; non rifiutate; dà».
Con queste, ha commentato, «Gesù ci mostra il cammino che dobbiamo seguire, un cammino di generosità». Ci chiede innanzitutto di «amare». E noi domandiamo «ma chi devo amare?». Lui ci risponde «i vostri nemici». Così noi, sorpresi, chiediamo una conferma: proprio i nostri nemici? «Sì» ci dice il Signore, proprio «i nemici!».
Ma il Signore ci chiede anche di «fare del bene». E se non gli domandiamo «a chi?» Lui ci indica subito «quelli che ci odiano». E anche stavolta a noi viene da chiedere al Signore la conferma: «Ma devo fare del bene a quello che mi odia?». E la risposta del Signore è sempre «sì».
Poi ci chiede pure di «benedire coloro che ci maledicono». E di «pregare» non soltanto «per la mia mamma, per il mio papà, i miei figli, la famiglia», ma «per coloro che ci trattano male». E di «non rifiutare a chi ti chiede» qualcosa.
La «novità del Vangelo», ha spiegato il Pontefice, consiste nel «dare se stesso, dare il cuore, proprio a quelli che ci vogliono male, che ci fanno male, ai nemici».
Si legge nel brano di Luca: «Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate loro. Perché se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta?». Sarebbe un mero «scambio: tu mi ami, io ti amo».
Ma Gesù ci ricorda che «anche i peccatori — e quando dice peccatori intende i pagani — amano quelli che li amano». Perciò, ha fatto notare Francesco, «non è un merito!». Prosegue, ancora, il passo evangelico: «E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso».
Di nuovo, ha detto il Papa, si tratta di un semplice «scambio: io ti faccio del bene, tu mi fai del bene!».
E ancora aggiunge il Vangelo: «Se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta?». Netta la risposta suggerita dal Pontefice: nessuna gratitudine perché «è un affare». Del resto, precisa l’evangelista, «anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto».
Tutto questo ragionamento di Gesù, ha affermato Papa Francesco, porta a una conclusione forte: «Amate, invece, i vostri nemici. Fate del bene e prestate senza sperare nulla. Senza interesse. E la vostra ricompensa sarà grande. E così sarete figli dell’Altissimo».
È perciò evidente, ha proseguito, che «il Vangelo è una novità difficile da portare avanti». In una parola significa «andare dietro a Gesù». Seguirlo. Imitarlo. Gesù non rispose a suo Padre «andrò e dirò quattro parole, farò un bel discorso, indicherò la via e poi torno». No, la risposta di Gesù al Padre è: «Io farò la tua volontà». E infatti nell’orto degli Ulivi dice al Padre: «Sia fatta la tua volontà». E così «dà la vita non per i suoi amici» ma «per i suoi nemici!».
Il cammino cristiano non è facile, ha riconosciuto il Papa, ma «è questo». Così a quanti dicono «io non me la sento di fare così!» la risposta è «se non te la senti, è un problema tuo, ma il cammino cristiano è questo. Questo è il cammino che Gesù ci insegna».
Perciò il Pontefice ha suggerito di «andare sulla strada di Gesù, che è la misericordia: siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso». Perché «soltanto con un cuore misericordioso potremo fare tutto quello che il Signore ci consiglia, fino alla fine».
Risulta quindi evidente che «la vita cristiana non è una vita autoreferenziale» ma «esce da se stessa per darsi agli altri: è un dono, è amore, e l’amore non torna su se stesso, non è egoista: si dà!».
Il brano di san Luca finisce con l’invito a non giudicare e a essere misericordiosi. Invece, ha detto il Pontefice, «tante volte sembra che noi siamo stati nominati giudici degli altri: chiacchierando, sparlando, giudichiamo tutti». Ma Gesù ci dice: «Non giudicate e non sarete giudicati. Non condannate e non sarete condannati. Perdonate e sarete perdonati». Del resto, «tutti i giorni lo diciamo nel Padre nostro: perdonaci come noi perdoniamo». Infatti se io per primo «non perdono, come posso chiedere al Padre “mi perdoni?”».
C’è poi un’altra immagine molto bella nella pagina evangelica: «“Date e vi sarà dato” — ha detto il Papa — e qui si vede che il cuore di Gesù si allarga e fa questa promessa che forse è una figura del cielo».
La vita cristiana, così come ce la presenta Gesù, sembra davvero «una stoltezza», ha fatto notare Francesco. Lo stesso san Paolo, del resto, parla della «stoltezza della croce di Cristo che non ha niente a che fare con la sapienza del mondo».
Perciò, «essere cristiano è diventare stolto, in un certo senso». E «rinunciare a quella furbizia del mondo per fare tutto quello che Gesù ci dice di fare. E, se facciamo i conti, se facciamo un bilancio, sembra a nostro sfavore».
Ma «la strada di Gesù» è «la magnanimità, la generosità, il dare se stesso senza misura». Lui «è venuto al mondo» per salvare e ha dato se stesso, «ha perdonato, non ha parlato male di nessuno, non ha giudicato».
Certo, ha riconosciuto il Pontefice, «essere cristiano non è facile» e con le nostre sole forze non possiamo «diventare cristiani»: ci serve «la grazia di Dio». Così c’è una preghiera che, ha detto il Papa, va fatta tutti giorni: «Signore, dammi la grazia di diventare un buon cristiano, una buona cristiana, perché io non ce la faccio».
Francesco ha concluso la meditazione riconoscendo che «una prima lettura» del capitolo sesto del Vangelo di Luca «spaventa». Ma, ha suggerito, «se noi prendiamo il Vangelo e ne facciamo una seconda, una terza, una quarta lettura», possiamo poi chiedere «al Signore la grazia di capire cosa è essere cristiano». E «anche la grazia che Lui ci faccia, a noi, cristiani. Perché noi non possiamo farlo da soli».
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