Tutti in fila per conoscere le meraviglie del voodoo: dallo sgozzamento rituale del gallo al risveglio notturno degli zombi fino alle celebri bambolette puntaspilli, quelle che secondo qualche profano dovrebbero servire per punire i nemici ovunque si trovino. Un’occasione per riscoprire le meraviglie di Papa Legba, spirito guida sempre pronto a farci fare una chiacchierata con i parenti morti, o per venerare Shango, versione afro di Thor. Senza dimenticare Damballa, la divinità serpente che s’aggira per la jungla.
Tutto questo si troverà in una mostra che aprirà domani all’Anfiteatro Martesana (Via Agordat 19, dalle 19 alle 23). Fino a qui niente di strano: per quanto possa sembrare a molti singolare, il voodoo è praticato da sessenta milioni di persone ed è ancora oggi la religione ufficiale dello stato africano del Benin, da cui è stata esportata oltreoceano – in particolare ad Haiti – dagli schiavi deportati nelle piantagioni. Un tema curioso, soprattutto se si considera che le citazioni in letteratura e nel cinema non mancano. Molto più difficile riuscire a immaginare perché tutto ciò venga fatto con denaro pubblico.
Palazzo Marino, infatti, ha recentemente deciso di stanziare 950 euro per permettere all’associazione “Compagnia Africana” di organizzare la seconda edizione milanese di questo festival. Il tutto per non mancare un presunto «appuntamento mondiale di studio e di recupero di aspetti importanti delle culture africane e di questa grande religione poco conosciuta in Italia», spiega il Comune sul suo sito, «e esplorare la ritualità e l’apporto culturale del voodoo attraverso le sue forme visibili, considerando le contaminazioni avvenute successivamente all’incontro con la cultura occidentale e con la religione cattolica».
Il voodoo (o vudù, a seconda dei gusti) è fondamentale. E la nostra amministrazione, pare, sente la necessità di «stimolare le curiosità del pubblico per promuovere un turismo responsabile. Vogliamo rilanciare il nostro concetto di turismo eco solidale». In poche parole: vorremmo diventare l’unica città al mondo che spende soldi per invitare i turisti a recarsi dall’altra parte del mondo, invece che pubblicizzare le proprie bellezze. E questo per dare «sostegno delle attività agricole dei contadini del Benin».
La cifra, certo, è assolutamente modesta. Va considerato, tuttavia, che parliamo della stessa giunta che ha passato gli ultimi anni a lamentare la condizione indecente delle casse comunali, preparandoci così a una lunga serie di rincari sulle tasse comunali e a dismissioni a raffica di quote di società che fino a oggi hanno fatto guadagnare tutti i milanesi. A quanto pare, tuttavia, per le spese – per così dire – discutibili i fondi si trovano sempre.
Lorenzo Mottola
Fonte: Libero