L’utilitarismo in bioetica promosso a livello internazionale dall’australiano Peter Singer, oltre che da altri autori anglosassoni, minoritari a livello accademico ma molto influenti nell’ambito della filosofia del diritto contemporanea e degli organismi di consulenza delle Nazioni Unite, identifica il fondamento dei diritti umani nella capacità di provare piacere e dolore e finisce, così, per imporre un’inaccettabile discriminazione fra gli esseri umani, negando il carattere personale ad alcuni di essi.
Ultimamente anche ambienti che fino ad oggi hanno sempre ignorato la “bioetica mortifera” di Singer, ne stanno prendendo coscienza, riportandone le tesi con una certa apprensione. “Sopprimere i bimbi disabili per ridurre i costi sanitari”. La tesi choc del filosofo Peter Singer: è questo, per esempio, il titolo di un articolo pubblicato lunedì scorso da Sonia Bedeschi su “Il Giornale”.
«Stiamo già compiendo dei passi che portano alla terminazione consapevole e intenzionale della vita dei bambini gravemente disabili», assicura il “bioeticista” australiano citato dal quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, il tutto per abbattere i costi nella sanità.
Una tale proposta è di quel «filosofo della liberazione animale, fautore della linea della “parità” tra uomini e bestie» che, in una recente intervista radiofonica, aggiunge la Bedeschi, «è ritornato a ribadire con convinzione le sue famigerate tesi sull’infanticidio dei bambini handicappati, misura che per il professore australiano, trapiantato negli Stati Uniti, sarebbe necessaria nella logica del rapporto tra costi e benefici, tanto da spingere il governo e le compagnie assicurative a pensare di negare le coperture per la cura dei neonati gravemente disabili».
Il professore australiano indica il bambino disabile con il pronome “it” che in inglese viene usato per riferirsi a cose o animali e, «Sull’onda di questo pensiero gli è stato chiesto se crede che con l’Obamacare queste sue tesi estremiste sulla “razionalizzazione” della spesa sanitaria prevarranno, e Singer ha risposto che stanno già prevalendo perché oggi molte delle decisioni prese dai medici sono dettate dall’esigenza di ridurre i costi» (Sonia Bedeschi, “Sopprimere i bimbi disabili per ridurre i costi sanitari”. La tesi choc del filosofo Peter Singer, in Il Giornale, 18 maggio 2015).
La “sostenibilità etica” accampata da Singer della soppressione dei disabili gravi attraverso l’“eutanasia non volontaria”, rimanda ad una linea di pensiero bioetcista che «è destinata a spuntarla» negli Stati Uniti dell’era Obama.
Con la riforma del presidente Democratico, infatti, il rifiuto di curare i neonati malformati è destinata a diventare più comune, secondo il “filosofo” australiano, ma sarebbe già in parte praticata.
Queste le sue esatte parole: «Se un bambino nasce con una massiccia emorragia cerebrale significa che resterà così gravemente disabile che in caso di sopravvivenza non sarà mai in grado nemmeno di riconoscere sua madre, non sarà in grado di interagire con nessun altro essere umano, se ne starà semplicemente sdraiato lì sul letto e potrà essere nutrito, ma questo è quel che avverrà, i dottori staccheranno il respiratore che tiene in vita il bambino. Non so se essi siano influenzati dalla necessità di ridurre i costi.
Probabilmente sono influenzati semplicemente dal fatto che per i genitori quello sarà un fardello terribile, e per il figlio non ci sarà alcuna qualità della vita”. Non rimane che interrogarsi sul valore della vita, dell’essere umano e di quanto la vita stessa sia subordinata a costi e profitti».
Fonte: Aleteia
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