Aveva cent’anni, è vero. Ha sposato un’ideologia inumana, vero pure questo, arrivando fra l’altro a giustificare crimini quali, per esempio, l’invasione dell’Ungheria nel 1956 (anche se poi se ne pentì). Eppure la morte della morte del comunista Pietro Ingrao (1915-2015) dovrebbe rattristare – anche se può sembrare un paradosso – anzitutto gli anticomunisti.
E non solo perché ogni volta che muore un comunista autentico si perde un’occasione per autentiche discussioni politiche – che vadano un po’ oltre, per capirci, i digiuni pannelliani o le dichiarazioni di Razzi -, ma perché, com’è ormai evidente, la presunta morte delle ideologie, in realtà, è stata fusione delle ideologie.
Se infatti la presenza, ieri, di due opposte visioni del mondo – da un lato quella atea/comunista e statalista, dall’altro quella cattolica/personalista e liberista – garantiva dialettica e dunque pensiero, l’odierno sopravvento del Pensiero Unico annichilisce la stessa necessità di un confronto reale, appassionato, che non sia mero scambio di opinioni.
Intendiamoci: qui nessuno rimpiange il comunismo (regime peraltro non estinto, come il trattamento riservato ai dissidenti cinesi e cubani dimostra), ma è indubbio come la compresenza di differenti ideologie e schieramenti ben identificabili con ideali, proposte, persino colori garantisse alla politica – e non solo – una vivacità oggi estinta.
Col risultato, ingannevole, che oggi molti, nel mondo occidentale, credono le ideologie superate mentre invece non soltanto ne è rimasta sulla scena una – quella edonista e individualista –, ma questa, a ben vedere, risulta persino peggiore delle precedenti nella misura in cui, per esempio, non è vissuta con consapevolezza ma interiorizzata.
Perché il Pensiero Unico non controlla tessere, ma teste; né ha bisogno di governare dal momento che è già in grado di manipolare.
Di qui la tristezza, ogni volta che muore un comunista: perché col comunista, col militante di estrema sinistra, ci puoi discutere ed essere avversario vero, mentre col conformista non hai neppure motivo di discussione e ne sei, al massimo, amico su Facebook.
Fonte: il blog di Giuliano Guzzo