Nell’imminenza dell’apertura del Sinodo sulla famiglia che si prevede sarà pieno di carità nell’aprire la Comunione ai divorziati risposati, sarà bene ricordare perché i cardinali tedeschi, Kasper, Marx eccetera, vogliono assolutamente questo progresso. Il motivo è la “tassa ecclesiastica”, Kirchensteuer, che tutti i cattolici tedeschi sono obbligati a pagare alla Chiesa. Chi non la paga viene escluso dai sacramenti, salvo in punto di morte.
Ora, con la secolarizzazione dilagante nella società, sempre più cattolici anche in Germania divorziano, e poi si rifanno una famiglia con un’altra o un altro. Si allontanano dalla Chiesa, non essendo più in grazia di Dio. E cessano di contribuire.
Il gettito della Kirchensteuer, ohimé, diminuisce inesorabilmente da anni; e la Chiesa tedesca intesa come organizzazione è “cresciuta” fino a diventare un colosso burocratico, con 40 mila dipendenti stipendiati. E da continuare a stipendiare. La buro-Chiesa rischia seriamente la bancarotta.
Ecco dunque le gerarchie sono le più misericordiose e più calde nello spingere per ridare i sacramenti ai divorziati che (per le norme cattoliche) convivono in peccato.
O come ha detto il cardinal Kasper, che anche queste pecorelle disperse “partecipino pienamente alla vita della Chiesa”.
L’avverbio “pienamente” è pieno di significato. Si dà la Comunione a peccatori non pentiti (sacrilega, diceva la Chiesa di ieri) in cambio dei quattrini.
La Chiesa di una volta chiamava questo “simonia”, commercio delle cose sacre. Oggi si chiama “misericordia”.
Il punto è che il cardinal Kasper ha anche creato una teologia adatta a queste aperture. La espresse nel modo più esplicito in un testo del 1967 (lui era giovane e trionfava la rivoluzione post-Concilio) intitolato “Gott in der Geschichte”, Gott heute: 15 Beiträge zur Gottesfrage, (Mainz, 1967). Eccola con le sue parole:
“Il Dio che siede in trono sopra il mondo e la storia come essere immutabile è un’offesa all’uomo. Si deve negarlo per l’uomo stesso, perché egli (Dio) pretende per sé la dignità e l’onore che appartiene di diritto all’uomo…
Dobbiamo opporre resistenza a questo Dio non solo per il bene dell’uomo, ma per Dio stesso.
Egli non è il vero Dio, ma piuttosto uno squallido idolo. Perché un Dio che è solo a fianco e sopra la storia, che non è esso stesso storia, è un Dio finito.
Se chiamiamo questo essere Dio, dunque in nome dell’Assoluto dobbiamo diventare atei assoluti. Questo Dio viene da una visione del mondo rigida; è il garante dello status quo e il nemico del Nuovo”.
Naturalmente Cristo ha risposto a questa domanda: se ci si crede, il Figlio di Dio s’è fatto uomo per soffrire con noi, e anzi per pagare per noi, da innocente, la pena che spetta a noi come peccatori…
Ma questo non è così misericordioso come Kasper vuole. Non gli basta un Dio-uomo, vuole un assoluto mutevole, evolutivo, progressista.
Oltre mezzo secolo è passato. Kasper è invecchiato e diventato più prudente.
E con linguaggio più guardingo, ha espresso lo stesso concetto nel suo ultimo saggio teologico, “Misericordia, concetto fondamentale del Vangelo, chiave della vita cristiana” (in Italia pubblicato dalla Queriniana, classica editrice dei preti).
“Sulla base del principio metafisico, la teologia dogmatica ha difficoltà a parlare di un Dio compassionevole.
Deve escludere la possibilità che Dio soffra con le sue creature in senso passivo; può solo parlare di pietà e misericordia, nel senso attivo che Dio si oppone alla sofferenza delle sue creature e le assiste.
Resta la domanda se questo corrisponda alla comprensione biblica di Dio, che soffre con le sue creature, che è misericorde nel cuor coi poveri e per i poveri.
Può un Dio che è concepito così a-patetico essere realmente simpatetico? Pastoralmente, questa concezione di Dio è una catastrofe.
Perché un Dio concepito in modo così astratto appare ai più molto distante dalla loro personale situazione”.
Per esempio, appare distante ai divorziati risposati.
Naturalmente un Dio che muta è una contraddizione in termini; ciò che muta non ha la pienezza dell’essere, ma “diviene”, va verso uno stato imperfetto ad un “di più d’essere”.
Ma questa è vecchia metafisica, e non è la metafisica che occupa Kasper: è “la pastorale”. Nel testo del 1967, diceva più chiaramente che cosa si cela dietro questo termine della neolingua clericale: egli rigettava l’immutabilità di Dio perché porta a ”una visione del mondo rigida”, essendo “il nemico del Nuovo”.
Il vero dio di Kasper è dunque il Nuovo.
Il Nuovo come divinità è ben presente nello spirito del Concilio. Papa Paolo Vi, tutto felice, proclamò: “Le parole importanti del Concilio sono ‘novità’ e ‘aggiornamenti…la parola novità ci è stata data come un ordine, come un programma” (Osservatore Romano, 3 luglio 1974).
Per poi accorgersi con sgomento che adottare il Nuovo come dio toglieva ogni immutabilità anche alla legge morale (quando scrisse la Humanae Vitae cercò di bloccare l’apertura ai metodi anticoncezionali, guadagnando una serqua di insulti dal “mondo” che pretendeva la benedizione pontificia per il preservativo, la pillola e l’aborto. Ed ormai, era troppo tardi.
Ormai tutto il “Mondo” ha sostituito i concetti di “Vero” e “Falso” con “Vecchio” e “Nuovo”, per cui a liquidare un’idea non occorre più dimostrare che è falsa, basta dire che è vecchia.
Concetti che dovrebbero essere confinati nel settore del fashion, delle sfilate di moda e del marketing, sono diventati i due pilastri della vita in questo capitalismo terminale edonistico.
Ciò significa che anche al diritto penale è stato tolto ogni carattere etico: l’omicida non viene più punito così duramente come, poniamo, l’evasore fiscale; quando si mette un criminale in carcere, è solo per lo scopo utilitaristico di “difesa della società”.
Al colpevole criminale vanno soprattutto alleviate le sofferenze del carcere…è “umanitarismo” di un diritto positivo che “evolve continuamente” ed è diventato arbitrio e arma di persecuzione politica in mano ai magistrati.
Infatti il “buonismo” del diritto positivo può rovesciarsi nel cattivismo ideologico, quando faccia comodo: basta far passare nelle forme dovute una legge che renda lecito, poniamo, la soppressione dell’avversario, o se è per questo, di un “omofobo”, di un “negazionista”, di un “reazionario” , e il gioco è fatto: la discussione politica diventa reato, le verità sgradite saranno censurate, le teste degli oppositori salteranno…
Per contro, si legalizzano la sodomia…e perché no, la pedofilia (c’è già la lobby che la chiede): Ma allora perché non la necrofilia? Gli snuff-movies?
La strada al Nuovo è aperta. Ed è aperta precisamente perché le legislazioni hanno diroccato quel che si chiamava “il diritto naturale”, ossia i concetti fondamentali di bene-male, vero-falso, giusto-ingiusto che dovevano trovarsi iscritti nel cuore di uno uomo (non nella sua pancia) e che, in ultima analisi, erano un corollario dell’immutabilità di Dio e della Sua legge morale. Se adesso non c’è più legge morale, non c’è più peccato, ma solo diritti.
L’uomo crea da sé la sua legge morale, si “libera” di ogni “tabù”, si auto-realizza.
La Chiesa era rimasta la sola a ricordare che esiste un vero e un falso, che esiste il bene e il male, e che chi fa il male mette la sua anima in pericolo: perciò è così odiata dalle masse consumatrici e sessualizzate. Adesso non fa’ più ostacolo.
Papa Bergoglio, appena eletto, ha fatto la pubblicità a Kasper: “Ho letto in questi giorni un libro di un cardinale – il cardinal Kasper, un teologo veramente dotato, un buon teologo – sulla misericordia. Mi ha fatto tanto bene, questo libro! Ma non pensate che faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali…mi ha fatto tanto, tanto bene…”.
E’ fatta. Il Nuovo è il nuovo dio della nuova Chiesa. Resta naturalmente una domanda: visto che non ci sono più peccati da cui pentirsi, che l’uomo si fa’ la sua legge e la sua etica, insomma che è dio, che il Nuovo gli porterà sempre nuove liberazioni, non ha alcun bisogno della Chiesa. Pagherà ancora la Kirchensteuer ai cardinali Kasper e Marx?
Fonte: Blondet & Friends