Non è possibile tacere, è questione di verità e giustizia. Tutti i media hanno riportato il gran successo di una manifestazione contro il razzismo che si è tenuta ieri a Milano, a cui non è mancata la presenza di alcuni personaggi molto significativi della politica italiana di minoranza, di quelli cioè giubilati alle ultime elezioni, insieme a qualcun altro che vanta come unico diritto a parlare la propria notorietà televisiva.
Tuttavia il piatto forte è stata la partecipazione in massa di associazioni, di ong e di tutto il circo di coloro che sono interessati a fare dell’immigrazione un business alla cui cuccagna ormai si erano abituati e che non intendono mollare senza combattere fino all’ultimo minuto.
Proprio di carnevalata si è trattato, visto che c’era pure un manufatto che poteva somigliare a un carro e che non si è visto bene forse volutamente, per un rigurgito di decenza.
C’è da domandarsi quanti fossero costoro perché dei numeri forniti dai quotidiani di partito non c’è da fidarsi. Sembravano però in tanti perché hanno riempito una strada abbastanza larga e un bell’aiuto l’hanno avuto dai grandangoli dei fotografi e dei cineoperatori, che hanno ampliato le visuali.
Di cittadini di Milano ce n’erano però ben pochi, infatti gli stessi organizzatori si sono vantati del fatto che i partecipanti fossero arrivati da ogni parte d’Italia, ma senza rendersi conto che questa ammissione era un autogol.
E vorrei vedere che adesso i milanesi siano diventati degli autolesionisti! A Milano l’accoglienza è totale, al contrario di quanto i manifestanti, sindaco in testa, volevano far credere, così come totale è la paura di girare per le periferie quando si fa buio o di prendere qualsiasi mezzo pubblico dopo le otto di sera.
E’ stato proprio nello stile farsesco della manifestazione l’aver sentito affermare da certi personaggi, intanto che passeggiavano sorridenti e compiaciuti, che non c’è da avere nessuna paura: certo che in una delle strade più eleganti e protette di Milano nemmeno di notte un bambino può temere qualcosa, visto poi che di sera è dotata di un’illuminazione a giorno.
La farsa poi è stata accompagnata da canzonette pregnanti di alti significati: oltre alla scontatissima Bella Ciao, il coro unanime ha avuto come colonna sonora – genialata di qualche anima bella – la canzonetta Finché la barca va, a cui si sono alternati tamburi tribali africani e altri ritmi talmente coinvolgenti che le persone camminavano come tarantolate.
Per essere un argomento di grande considerazione ci si sarebbe aspettati quantomeno un Inno alla gioia di Beethoven, o il Va pensiero di Verdi, ma era pretendere troppo da chi ha deciso di buttarla in cagnara. Infatti in nome della tolleranza siamo noi che dobbiamo conformarci ai gusti, anche musicali, di quelli che accogliamo, difatti questa per loro è l’integrazione.
Non bastando poi gli slogans scalcinati e risibili come “Amare non è a mare”, oppure “Abbasso Pillon e viva la Farinon” e frasi sgangherate quali “Siamo sempre lo straniero di qualcun altro”, ci siamo sentiti anche raccontare la storia d’Italia e far la morale dagli africani, certamente imbeccati dai soliti manipolatori della verità. Inutile ribattere qui, tanto la colpa non è la loro e chi dovrebbe studiare la storia patria continuerà a crogiolarsi nella sua ignoranza.
La verità tuttavia è molto banale e scontata. Difatti tutti quelli che hanno pontificato contro la paura e le diffidenze nei riguardi degli immigrati e vorrebbero un’accoglienza indiscriminata vivono e si muovono in modo estremamente protetto.
Li conosciamo e sappiamo anche dove abitano: case esternamente senza lusso ma site in quartieri borghesi, dove i vicini sono magistrati, questori, avvocati, primari, professionisti vari, imprenditori, politici e vip. Non solo. In questi quartieri la sorveglianza delle forze dell’ordine è discretissima ma continua e, non bastando loro, il resto del controllo lo eseguono le telecamere, che sono posizionate ovunque. La zona C di Milano, quella centrale dei quartieri alti, è composta da 170mila persone di cui oltre la metà conta più del sindaco in carica.
Gli immigrati lo sanno benissimo e non si avventurano per quelle strade se non in maniera quasi invisibile, giusto per chiedere l’elemosina davanti alle chiese.
Che ne sanno quelli che si sono fatti intervistare alla manifestazione di sabato dei quartieri dove si spaccia la droga, si molestano le donne, si fanno rapine e ci si ubriaca? Loro girano esclusivamente in auto e, se non hanno un autista personale, accedono ai box interni agli stabili dove abitano attraverso cancelli telecomandati. Né mai li si vede passeggiare per le vie in cui vivono e fermarsi a parlare con gli immigrati che chiedono la carità.
A chi vogliono dare lezioni e garanzie di sicurezza? Sono ingannati essi stessi prima ancora di ingannare gli altri, come dice S. Paolo, o sono proprio ingannatori consapevoli?
Le soluzioni ai problemi le trovino i politici, qui si voleva solo raccontare la verità dello statu quo.
Paola de Lillo