Se dovessimo stare alle parole usate, allora la lettera resa nota ieri da monsignor Carlo Maria Viganò all’ex cardinale Theodore McCarrick avrebbe dovuto essere accolta con grande soddisfazione in Vaticano. L’ex nunzio negli Stati Uniti chiede all’abusatore seriale McCarrick di convertirsi, e la conversione come via di uscita dalla crisi degli abusi sessuali era anche al centro della lettera inviata da papa Francesco ai vescovi statunitensi lo scorso 1 gennaio.
Ma evidentemente la sintonia è solo apparente, la nuova lettera di Viganò ha decisamente infastidito Santa Marta e dintorni, tanto che Vatican News – il portale guidato dal neo direttore editoriale di tutti i media vaticani Andrea Tornielli – ha accuratamente evitato di darne notizia.
Manca poco più di un mese (si svolgerà dal 21 al 24 febbraio) al vertice sugli abusi sessuali che porterà a Roma, all’incontro con il Papa, i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo.
Ed è chiaro da tutti gli interventi fin qui fatti e dalle decisioni prese, che la linea che papa Francesco e i suoi collaboratori vorranno dare all’incontro è quella di individuare il male nell’abuso di potere, nel clericalismo, non solo lasciando fuori il tema dell’omosessualità ma anche evitando di scavare troppo nel passato.
È assai probabile che, dopo le ultime rivelazioni riguardo gli abusi commessi su minori, McCarrick possa essere ridotto allo stato laicale prima dell’inizio del vertice, ma è altrettanto probabile che si cercherà di evitare di andare a fondo delle circostanze e delle trame – negli Usa come a Roma – che hanno permesso a un prete molestatore di diventare vescovo e poi cardinale.
Non è solo una questione di strategie: in questo senso il linguaggio di monsignor Viganò rimanda continuamente a ciò che accadrà nell’altra vita, quando ci si presenterà davanti al Tribunale di Dio.
Così egli spiegava il dossier che lo scorso agosto è stato una sorta di terremoto nella Chiesa: Viganò affermava che, giunto agli ultimi anni della sua vita, pensando al momento in cui sarebbe comparso davanti al Signore non poteva lasciare questo peso sul proprio cuore.
E nella lettera pubblicata ieri, anche a McCarrick ricorda che è ormai vicino il giorno della comparizione davanti al «tribunale di Nostro Signore», per questo lo invita al pentimento per i propri peccati (pubblico, come pubblico è lo scandalo) a prescindere da come andrà il processo canonico.
Solo questa confessione pubblica del proprio peccato può purificare la Chiesa, dice ancora monsignor Viganò: «Un pentimento pubblico da parte sua procurerebbe una misura straordinaria di guarigione ad una Chiesa gravemente ferita e sofferente».
Nelle parole di monsignor Viganò c’è dunque ben presente che tutto è legato al giudizio di Dio, è dalla coscienza dell’Ultimo Giorno che discendono anche le azioni terrene: verità e trasparenza non sono semplicemente un modo di fare giustizia tra gli uomini, una strategia per recuperare la credibilità perduta della Chiesa, ma sono il riflesso dell’esigenza di essere purificati dal Signore.
In questo senso la sfida che pone monsignor Viganò a tutta la Chiesa è molto più impegnativa che non semplicemente fare luce sul caso McCarrick e su casi affini.
Non riguarda semplicemente la gestione di una crisi morale e di una crisi di fede che attraversa tutta la Chiesa, ma il destino di ciascuno di noi e della Chiesa nel suo insieme.
Sarebbe auspicabile che al vertice di febbraio venisse colto questo livello di sfida per evitare di perdere un’occasione di vera conversione riducendo tutto a una guerra per bande o alla strumentalizzazione dello scandalo degli abusi per promuovere un’agenda ecclesiale (vedi l’accettazione dell’omosessualità nel clero e la messa in discussione del celibato).