«Pena di morte, lo spirito di Pannella muta il Catechismo» di Stefano Fontana

Ieri abbiamo appreso che il Papa ha deciso di cambiare il Catechismo della Chiesa cattolica approvato da Giovanni Paolo II nel 1992 nel punto che tratta della pena di morte. Il motivo principale a sostegno del cambiamento è che la persona, anche se compie delitti disumani mantiene la sua altissima dignità e quindi la pena di morte è da considerarsi inammissibile in quanto appunto lesiva di questa dignità.

Rimangono confermati alcuni motivi precedentemente indicati dal magistero in attenuazione del principio. Per esempio il fatto che oggi ci sono forme di riparazione e di deterrenza tali che la pensa di morte è diventata superflua. Argomento, come si vede, legato alla evoluzione storica e quindi non direttamente dottrinale.

Viene confermato anche il motivo secondo il quale la sensibilità dell’uomo di oggi è cambiata e la pena di morte viene vista in modo diverso dal passato. Anche questo è un aspetto non dottrinale, dato che la Chiesa è chiamata a proclamare la verità e non quanto suona bene alle orecchie delle varie generazioni.

Papa Francesco non si è però limitato a questi argomenti, come già fatto dai suoi predecessori, ma ha enunciato il motivo dottrinale di fondo: quello della dignità intangibile di ogni persona e dell’idea che la morte inflitta dalla legittima autorità politica dopo una condanna per crimini atroci a tutela del bene comune sia da considerarsi una inaccettabile mancanza di rispetto per la dignità della persona umana.

Prima e anche senza entrare nel merito, la notizia ha fatto rimbalzare diversi sentimenti. Infatti, la prima cosa che un fedele si chiede quando l’autorità ecclesiastica cambia qualcosa di importante nella dottrina della fede e della morale è: ma allora prima la Chiesa aveva sbagliato? Non è una novità, intendiamoci. Ma sempre la domanda nasce pronta e difficile da evitare.

Viene in mente quanto segnalava il cardinale Ratzinger a proposito della riforma liturgica e delle modalità con le quali era stata posta in atto, vietando quella precedente: una istituzione che oggi dice che quanto diceva ieri è sbagliato perde di credibilità.

Dopo che la Dignitatis humanae ha proclamato il diritto alla libertà religiosa, quanti si saranno chiesti: ma prima i Papi non avevano tenuto conto dei diritti della persona umana? Allo stesso modo, oggi che il Papa rivede una dottrina da sempre insegnata dalla Chiesa, non mancheranno di certo coloro che si chiederanno perché mai la Chiesa abbia sbagliato così a lungo, sia arrivata così tardi e non abbia mai visto che la pena di morte va contro la dignità della persona.

C’è poi un altro aspetto che sorprende il povero semplice fedele. La Chiesa questa dottrina sulla pena di morte, l’ha sempre insegnata da secoli. Su questo tema si sono cimentati i più grandi teologi e giuristi, tutti d’accordo sul punto. San Tommaso d’Aquino, dalla cui dottrina alcuni pontefici avevano intimato di non discostarsi minimamente, aveva le idee chiare sulla pena di morte.

Fa pensare questo scarto tra un pensiero tradizionale che ha attraversato i tempi e il cambiamento attuale, come fa pensare che “Nessuno tocchi Caino” e il pensiero di Marco Pannella sul punto in questione abbiano anticipato la Chiesa cattolica.

Va bene che lo Spirito spira dove vuole e che esso spira anche fuori della Chiesa anagraficamente intesa, ma il semplice fedele non comprende bene perché per la Chiesa di oggi San Tommaso abbia torto e Marco Pannella ragione: cosa è andato storto?

Come sappiamo, l’insegnamento della Chiesa non può contraddirsi. I simboli della fede sono più di uno, il simbolo apostolico è diverso da quello niceno-costantinopolitano. Però non si contraddicono.

Quando è entrato in vigore il Catechismo di Giovanni Paolo II, il nuovo testo non contraddiceva in nessun punto il Catechismo Maggiore di San Pio X, il quale continuava a rimanere in vigore e il fedele che avesse continuato a farsi regolare la vita cristiana da quel catechismo sarebbe stato perfettamente in regola.

Il catechismo nuovo non abolisce quello precedente. Ma adesso, il fedele che volesse farsi regolare la vita cristiana dal Catechismo di Giovanni Paolo II o da quello di Pio X sarebbe fuori regola. Infatti, il Catechismo di Papa Sarto, alla domanda “Vi sono casi nei quali è lecito uccidere il prossimo?”, risponde così: “È lecito uccidere il prossimo quando si combatte in una guerra giusta, quando si eseguisce per ordine dell’autorità suprema la condanna di morte in pena di qualche delitto, e finalmente quando trattasi di necessaria e legittima difesa della vita contro un ingiusto aggressore”.

Pio X ammetteva la pena di morte, ora il nuovo Catechismo la vieta: ma la fede cattolica può sopportare due catechismi in contrasto tra loro?

Quando il magistero attua variazioni della dottrina, tenendo conto di queste banali e nello steso tempo profonde domande del semplice fedele, deve anche assolvere un compito a ciò conseguente.

Deve spiegare i motivi teologici della nuova posizione dottrinale e deve anche spiegare perché essa non è in contrasto con la tradizione.

Per far questo deve dar prova di avere tenuto conto di tutti gli elementi del quadro e spiegare che tutti questi elementi vengono salvaguardati dalla nuova posizione dottrinale e in più anche approfonditi ed elevati. Inoltre – e questa è la questione più delicata – deve assicurarsi ed assicurare di essersi attenuto alla medesima logica interna al ragionamento teologico della tradizione e non aver assunto altre categorie logiche, filosofiche e teologiche. Parere di un povero semplice fedele.

 

La Nuova Bussola Quotidiana

 

Documenti pontifici:

Nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte

Lettera ai Vescovi circa la nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica