Dopo una lunga giornata di terrore, si è concluso con 147 studenti morti e 79 feriti l’attacco terroristico di ieri all’università di Garissa, una cittadina del Kenya a circa 150 chilometri dal confine con la Somalia. In serata le forze dell’ordine hanno ucciso quattro terroristi liberando circa 500 studenti tenuti in ostaggio per tutto il giorno.
All’alba di ieri un commando di al Shabaab, il movimento integralista islamico legato ad al Qaeda fondato nel 2006 in Somalia, ha fatto irruzione nel campus universitario sparando all’impazzata, uccidendo 15 persone, tra cui uno degli agenti a guardia della struttura, e ferendone 65: tra le vittime, molti gli studenti che, sentendo sparare, si sono dati alla fuga correndo però proprio nella direzione dalla quale stavano arrivando gli attentatori.
Quindi gli al Shabaab sono entrati in uno o forse più edifici prendendo in ostaggio tutti gli studenti in quel momento presenti. Alle 11.40 il ministro degli interni kenyano, Joseph Nkaissery, dichiarava alla stampa che, al momento, solo 280 studenti su 815 erano al sicuro e che si stava tentando di capire che fine avessero fatto gli altri 535.
Pochi minuti prima il portavoce di al Shabaab, Ali Mohamud Tage, dopo aver in precedenza rivendicato l’azione, aveva informato la BBC che i miliziani stavano separando gli studenti cristiani da quelli musulmani con l’intenzione di tenere in ostaggio i primi e lasciar andare i secondi, 15 dei quali erano già stati liberati. I kenyani – aveva proseguito Tage – saranno scioccati quando alla fine entreranno nell’università di Garissa”.
Le sue affermazioni sono state confermate poco dopo da uno studente, Collins Wetangula, che si è salvato lanciandosi da una finestra. Collins stava per fare la doccia quando aveva sentito i primi spari. Lui e altri tre studenti si sono chiusi a chiave nella stanza in cui si trovavano.
“Quando i terroristi sono entrati nel mio ostello – ha raccontato – li ho sentiti aprire tutte le porte una dopo l’altra e chiedere alla gente nascosta nelle stanze se erano musulmani o cristiani. I cristiani li hanno uccisi sul posto. A ogni colpo di fucile ho pensato che stavo per morire anch’io. Nessuno gridava, per paura di far sapere dove si trovava”.
Si sta dunque ripetendo una tragedia già vissuta altre volte in Kenya. I jihadisti attaccano, individuano i musulmani, li lasciano andare e poi fanno strage dei cristiani. La prima volta è successo nel settembre del 2013, nel centro commerciale Westagate della capitale Nairobi dove le vittime sono state 67. Si erano salvati gli ostaggi in grado di recitare frasi del corano e preghiere e di rispondere correttamente a domande relative alla fede islamica.
Poi, nel 2014, al Shabaab ha compiuto altri tre attentati particolarmente gravi per numero di vittime, procedendo allo stesso modo: ha liberato i musulmani dopo averli identificati e ha ucciso tutti i cristiani.
Sono morti così, uccisi con un colpo a bruciapelo e qualcuno decapitato, 48 abitanti di una cittadina, Mpeketoni, attacata lo scorso giugno, 29 residenti in due villaggi vicini, Darsen e Hindi, colpiti tre settimane dopo, 28 passeggeri di un autobus di linea fermato dai terroristi a novembre nei pressi della città di Mandera, vicino al confine con la Somalia, e 36 operai di un cantiere a pochi chilometri da quella stessa città.
Dopo i primi attentati degli al Shabaab in territorio kenyano, nel 2011, si era detto che si trattava della risposta dei jihadisti alla decisione del Kenya di combatterli unendosi alle truppe inviate da Uganda, Etiopia e da altri paesi africani in difesa del governo della Somalia, nell’ambito di una missione dell’Unione Africana.
Anche l’Uganda è nel mirino di al Shabaab per questo motivo e da alcuni giorni il paese è in stato di allerta per il rischio di attentanti.
Il 30 marzo il procuratore ugandese Joan Kagezi, a capo della divisione crimini di guerra e antiterrorismo, è stata uccisa nella capitale Kampala da due uomini a bordo di una motocicletta che le hanno sparato mentre era in macchina con i suoi bambini. Joan Kagezi rappresentava la pubblica accusa nel processo a 13 miliziani al Shabaab accusati di essere responsabili dell’attentato compiuto nel 2010 contro un bar della capitale che ha provocato 76 morti.
Ma in Kenya ormai, scegliendo le vittime tra i cristiani, i jihadisti vanno oltre alla vendetta contro un paese nemico. Alla BBC il loro portavoce ha spiegato oggi che al Shabaab considera l’università di Garissa una istituzione non islamica in territorio musulmano e per questo ha deciso di attaccarla.
Secondo il governo del Kenya l’organizzatore dell’attacco è Mohamed Kuno, maestro in una scuola coranica di Garissa fino al 2007, anno in cui ha lasciato il Kenya per unirsi ai jihadisti somali. Si ritiene che sia responsabile di altre azioni terroristiche di al Shabaab in Kenya.
Anna Bono
articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana