Ordine di Malta, la rivoluzione è servita – di Riccardo Cascioli

ordine-di-maltaFuori il Gran Maestro Matthew Festing; reintegrato il Gran Cancelliere Albrecht Boeselager (che era stato cacciato dallo stesso Festing); frà Ludwig Hoffmann von Rumerstein luogotenente interinale; in arrivo il delegato pontificio a suggellare il commissariamento de facto dell’Ordine di Malta. E con un comunicato distensivo pubblicato ieri dopo l’assemblea del Consiglio Sovrano, sul sito del Sovrano Militare Ordine di Malta sembrerebbe chiudersi qui la crisi dell’Ordine di Malta iniziata il 6 dicembre con la decisione di fra Matthew Festing di sospendere Boeselager. 

Sembrerebbe. In realtà l’intervento duro del Papa sui dissidi interni all’Ordine di Malta lascia profonde ferite sia all’interno dell’Ordine sia nei rapporti tra Ordine e Santa Sede, e ha innestato un processo che potrebbe mettere in pericolo le attività caritative e assistenziali che i cavalieri di Malta gestiscono in tutto il mondo.

Del resto negli ultimi giorni si è andati vicinissimi allo scontro aperto tra Ordine e Santa Sede che avrebbe potuto portare allo scioglimento dell’Ordine stesso, cosa che ha costretto il Papa a correggere il tiro. In effetti il 25 gennaio dalla Santa Sede è partito un siluro per colpire il Gran Maestro Matthew Festing e resettare completamente la realtà dei Cavalieri di Malta.

È infatti arrivata ai membri del Consiglio Sovrano una lettera del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, brutale nei modi e durissima nei contenuti: si dà per scontata la fine del magistero di Festing (malgrado la Carta Costituzionale dica che solo al Consiglio Sovrano spetti decidere), si dichiarano nulli e invalidi tutti gli atti del Gran Maestro e del Consiglio Sovrano dal 6 dicembre scorso (inclusa la sospensione di Boeselager), si concedono i poteri di governo ad interim al Gran Commendatore, ma solo fino a quando il Papa nominerà un Delegato Pontificio il quale, si capisce, prenderà il controllo dell’Ordine con dei poteri – scrive Parolin – che «il Santo Padre definirà nello stesso atto di nomina». Una vera tabula rasa.

Parlassimo di un’altra situazione lontana dal Vaticano, non esiteremmo a parlare di vero e proprio golpe. Una situazione che ha provocato forti reazioni ai vertici dell’Ordine; e che deve aver preoccupato anche i “vincitori”, la corrente tedesca che si vede spianata la strada verso il totale controllo dell’Ordine di Malta e soprattutto della sua cassa che, secondo fonti interne all’Ordine, si direbbe la vera causa della discordia.

Le reazioni devono essere arrivate fino a Santa Marta, tanto che due giorni dopo, il 27 gennaio, al Consiglio Sovrano arriva un’altra lettera (riprodotta in calce a questo articolo).

Questa volta è dal Papa in persona, che corregge il tiro: da una parte papa Francesco aggiunge che si metterà mano alla Carta Costituzionale, dall’altra però si specifica che il Delegato Pontificio si occuperà soprattutto «del rinnovamento spirituale dell’Ordine» e si affiancherà – senza sostituirlo – al Luogotenente interinale, incaricato del governo ad interim dell’Ordine.

Il comunicato finale diffuso alla fine del Consiglio Sovrano di ieri precisa ancora meglio questa divisione dei compiti, un modo per salvaguardare – almeno formalmente – la sovranità dell’Ordine.

Il Luogotenente interinale passerà le chiavi del governo al nuovo Gran maestro, non appena eletto, e il Papa accetta che la responsabilità di governo, in particolare per quel che riguarda i rapporti con gli Stati, non sia nelle mani del Delegato Pontificio.

Dice l’Ordine che «Papa Francesco ha precisato che il suo Delegato Speciale avrà il compito di operare “per il rinnovamento spirituale dell’Ordine specificatamente dei suoi membri professi”.

Questa concessione fa sì che il Sovrano Ordine di Malta «assicura la propria collaborazione al Delegato Speciale che verrà nominato dal Papa».

Anche se non è mai nominato, è chiaro che la formulazione finale implica l’allontanamento del cardinale Raymond L. Burke quale cardinale patrono: se arriva un delegato pontificio (al proposito si fa il nome del cardinale Coccopalmerio) con i compiti succitati, è chiaro che perde di qualsiasi significato il suo ruolo. Per Burke non è difficile pronosticare un futuro lontano da Roma, nel tentativo di indebolire il fronte dei cardinali che hanno inviato al Papa i “dubia” sulla Amoris Laetitia.

Appare peraltro ironico il riferimento al “rinnovamento spirituale dell’Ordine” che richiede l’invio di un Delegato del Papa, visto che in questi mesi di scontri non si è mai parlato effettivamente di problemi spirituali: come si diceva sopra, il vero contenzioso è su chi controlla la cassa, visto che l’Ordine maneggia cifre nell’ordine dei miliardi.

La cordata tedesca, grazie all’intervento del Papa, ne esce per il momento vincitrice, e potrebbe rafforzare la sua posizione con il cambiamento della Carta Costituzionale ventilato da Francesco.

Secondo fonti interne, infatti, i cambiamenti che si vorrebbero apportare riguardano un maggior peso nel governo dell’Ordine del secondo e terzo ceto (tutti laici), a scapito dei professi (coloro che sono religiosi), in modo da favorire ancora una volta la componente tedesca, ormai assente tra i professi ma ben rappresentata negli altri due ceti.

Si può effettivamente immaginare che dietro l’apparente concordia ritrovata si sia ormai scatenata una guerra interna dagli esiti incerti.

Prova ne è che ancora ieri mattina il portavoce dell’Ordine di Malta, Eugenio Ajroldi di Robbiate, alla Associated Press dichiarava che la lettera di Parolin non è niente altro che l’interpretazione dei fatti avvenuti data dal Vaticano, «niente di più». Certe decisioni, ha proseguito, possono essere prese solo dal Sovrano Consiglio.

Ad ogni modo l’intervento di papa Francesco sconfessa quanto aveva invece affermato papa Benedetto XVI appena due giorni prima di comunicare la propria rinuncia.

Accogliendo in Vaticano 5mila operatori dell’Ordine di Malta che festeggiavano i 900 anni della bolla Piae postulatio voluntatis, il 9 febbraio 2013 Benedetto XVI (clicca qui) ricordava l’attualità del privilegio che l’allora papa Pasquale II concesse alla «neonata “fraternità ospedaliera” di Gerusalemme, intitolata a San Giovanni Battista. La fraternità veniva posta «sotto la tutela della Chiesa, e la rendeva sovrana, costituendola in un Ordine di diritto ecclesiale, con facoltà di eleggere liberamente i suoi superiori, senza interferenza da parte di altre autorità laiche o religiose».

In quattro anni sono cambiate decisamente molte cose.

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Fonte: La NBQ