Ha suscitato molto clamore la notizia che il presidente ugandese Yoweri Museveni ha firmato la legge anti gay approvata in parlamento lo scorso dicembre, malgrado le forti pressioni (leggasi minacce) internazionali ricevute.
Tale legge prevede una serie di misure preventive che possono sembrare eccessive, soprattutto agli occhi di un Occidente ormai allo sbando intellettuale, morale e culturale, come l’ergastolo per i recidivi, la denuncia obbligatoria delle persone omosessuali e il divieto di qualsiasi forma di propaganda, ma che riflettono almeno in parte il tentativo di arginare un fenomeno, quello dell’ideologia del gender, che sta assumendo contorni sempre più preoccupanti e che minaccia seriamente la salute morale e materiale delle popolazioni tutte.
In realtà, la inusitata durezza della legge ugandese mira a proteggere soprattutto i minori sia dalla propaganda gay sia dalla violenza a cui possono essere sottoposti; la norma, infatti, tende a punire severamente gli atti di omosessualità “aggravata” (ossia la violenza contro i minori, fenomeno di certo non estraneo al mondo omosessuale vista la forte e statisticamente accertata correlazione tra omosessualità e pedofilia) e la diffusione di messaggi inneggianti al comportamento contro natura.
Eppure, l’Uganda non è l’unico Paese ad essersi accorto della follia collettiva di cui è preda consapevole l’occidente scristianizzato e relativista. È utile fare una breve carrellata delle principali realtà che negli ultimi tempi hanno dato prova di volersi discostare dal comune modo di intendere le relazioni omosessuali.
Australia. La Corte costituzionale australiana ha vietato, con un suo pronunciamento, i matrimoni gay nella nazione. La sentenza è uscita pochi giorni dopo la celebrazione dei primi matrimoni gay nella capitale federale, Canberra, dove il Parlamento aveva votato una legge che permetteva il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
India. La Corte Suprema indiana ha annullato una sentenza di un tribunale di New Delhi che nel 2009 aveva legalizzato l’omosessualità. La decisione è giunta in seguito a diverse petizioni di associazioni religiose contrarie alla depenalizzazione del reato previsto dal Codice penale indiano (introdotto durante l’epoca coloniale britannica), in base a cui sono vietate le relazioni tra adulti omosessuali consenzienti perché considerate contro natura.
Nigeria. Il presidente Goodluck Jonathan ha firmato una legge, approvata all’unanimità dal Parlamento nel maggio dello scorso anno, che prevede condanne con pene detentive che possono arrivare fino a 14 anni a «chiunque si registri, operi o partecipi ad attività di club, società ed organizzazioni gay, chiunque abbia una relazione gay pubblica o contragga un’unione civile o un matrimonio con una persona dello stesso sesso».
Croazia. Il referendum promosso dall’iniziativa civica Nel nome della famiglia contro le nozze gay ha registrato la schiacciante vittoria dei sì, malgrado gli appelli del governo, del presidente della Repubblica, di una larga parte dei media e del mondo accademico che nelle settimane precedenti avevano invitato i croati a non avallare questa presunta forma di discriminazione. Interessante notare che i promotori, spalleggiati con forza dalla Chiesa cattolica croata, hanno dichiarato di essere stati spinti a tale iniziativa referendaria dopo che a maggio in Francia sono stati legalizzati i matrimoni gay, «per prevenire che lo stesso accada anche in Croazia».
Con questa modifica la Croazia si è unita a Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria e Bulgaria, ossia i cinque Paese dell’Ue che hanno già una definizione e esclusivamente eterosessuale del matrimonio nelle rispettive costituzioni.
Alfredo De Matteo
articolo pubblicato su Corrispondenza Romana