Sono oltre 100 milioni i cristiani vittime di discriminazioni, persecuzioni e violenze messe in atto da regimi totalitari o seguaci di altre religioni. E’ quanto denuncia un dossier della Caritas italiana intitolato “Cristiani perseguitati: tra terrorismo e migrazioni forzate”. Solo in Corea del Nord ci sono tra 50 e 70 mila cristiani in campi di detenzione. Poi ci sono la Somalia, l’Iraq, la Siria, l’Afghanistan, il Sudan, l’Iran e altri Paesi dove migliaia di cristiani subiscono i più vari tipi di persecuzione.
Dal novembre 2013 al 31 ottobre 2014, si calcola che i cristiani uccisi per ragioni strettamente legate alla loro fede siano stati oltre 4.300, mentre le chiese attaccate per la stessa ragione sono state più di mille. Si assiste, spesso nel silenzio della comunità internazionale, a un preoccupante aumento dell’intolleranza che colpisce molte altre minoranze religiose ed etniche. Il dossier vuole dare voce alle testimonianze silenziose dei tanti cristiani che continuano a custodire la fede a rischio della propria vita.
Forte l’impegno della Caritas Italiana a sostegno dei cristiani perseguitati, in particolare in Iraq, dove l’aiuto concreto raggiunge anche la minoranza yazida. Il dossier evidenzia come spesso le cosiddette guerre di religione nascondano precisi interessi politici ed economici, mentre tanti fatti testimoniano l’aiuto reciproco tra la gente semplice, cristiani e musulmani che rischiano la pelle per salvare una persona di fede diversa: perché è un uomo, una donna, un bambino.
Sugli impressionanti numeri di questo dossier sui cristiani perseguitati, ascoltiamo il commento di mons. Francesco Soddu, direttore della Caritas Italiana, che lo scorso ottobre ha visitato il campo profughi ad Erbil in Iraq. l’intervista è di Marina Tomarro:
R. – Questi dati naturalmente destano in noi grande preoccupazione e richiamano quella che è la responsabilità dei governi come anche delle persone: non si può rimanere indifferenti!
D. – Papa Francesco mette spesso in evidenza il silenzio intorno a queste vittime. In che modo si può andare oltre questo silenzio?
R. – Innanzitutto con una buona informazione. Il fatto che i dati sulla persecuzione dei cristiani vengano taciuti oppure non venga data loro una giusta risonanza, per noi è già un qualcosa di preoccupante.
Per quanto riguarda i cristiani è una responsabilità che va a toccare quella che è la comunione, che deve essere sempre tessuta tra confratelli, tra Chiese sorelle. E’ quanto ci è stato chiesto da loro: nella visita che abbiamo fatto qualche mese fa ad Erbil, ciò che ci veniva chiesto era, appunto, di non essere dimenticati! Perché se al grande dolore della persecuzione, si aggiunge anche quello dell’essere dimenticati dai confratelli, si va veramente alla deriva. Questo è quello che noi non vogliamo!
D. – La Chiesa cosa può fare per aiutare questi fratelli?
R. – Non nascondere questi dati, tenerli sempre vivi, accompagnarli con la preghiera, con la solidarietà, dando loro un giusto risalto nella formazione dei ragazzi e dei giovani, di modo che tutto ciò che si può fare venga fatto. Per quanto riguarda la nostra comunità, anzitutto la solidarietà, perché molti soffrono anche la fame…
Il vescovo di Erbil, mons. Warda, ci ricordava che sarà necessario provvedere anche al cibo di queste persone, che nella sua diocesi sono oltre un milione. Quindi l’attenzione alla solidarietà, anche quella più banale, quella cioè del contribuire affinché queste persone possano avere un pasto quotidiano, è molto importante.
In secondo luogo contribuire anche attraverso la collaborazione nella costruzione delle case, nella costruzione delle scuole di modo che da quei luoghi possano andar via il minor numero possibile di persone.
D. – Le istituzioni, dal canto loro, cosa dovrebbero fare?
R. – Quello che è nella elementarità del dato richiesto: fare in modo che i diritti fondamentali delle persone – i diritti fondamentali! – vengano rispettati, non solo riconosciuti e messi nei documenti.. Questo semplicemente non basta! E’ come se volessimo appendere un quadro in aria, che poi non è visibile da nessuno: non regge la descrizione che se ne fa … così come non regge la Dichiarazione dei diritti universali, se questi non vengono fatti rispettare.
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana