Per quanto blanda e limitata a operazioni di ricognizione e addestramento, la guerra dell’Italia allo Stato Islamico si combatte quasi più sul fronte interno che in Iraq, dove sono schierati 260 consiglieri militari dell’esercito che addestrano i combattenti curdi (altri 100 carabinieri arriveranno in settembre) o in Kuwait dove sono presenti 7 velivoli e 220 militari dell’aeronautica.
A giudicare dalle ristrette regole mediatiche imposte alla comunicazione e alla diffusione di fotografie relative ai nostri militari impegnati nella Coalizione (operazione Inherent Resolve), a Roma sembra esserci una forte preoccupazione che fans dell’Isis ben presenti in Italia possano individuare e colpire i militari assegnati all’operazione “Prima Parthica” (dal nome di una legione romana reclutata in Siria) o i loro famigliari con attacchi e rappresaglie terroristiche.
Per la prima volta i volti dei militari italiani vengono oscurati nelle rare immagini fatte circolare dalla Difesa. Anzi, le prime foto dei militari italiani in Iraq sono state diffuse due giorni or sono in seguito alla visita a Erbil del ministro della Difesa, Roberta Pinotti.
Si tratta di foto di pessima qualità (troppo scure, quasi si fosse sbagliata appositamente l’esposizione) in cui tutti i visi dei militari sono stati resi irriconoscibili. Del resto questa è anche la prima operazione militare nella storia italiana in cui non sono stati diffusi neppure i nomi dei comandanti dei reparti di Esercito, Aeronautica e Carabinieri presenti in Iraq e Kuwait.
Le preoccupazioni per il fronte interno e la reazione dei tanti simpatizzanti dell’Isis è diffusa in tutta Europa e persino negli Stati Uniti dove la minaccia si è già dimostrata ben tangibile, basti pensare all’uccisione di 4 marines e al ferimento di molti altri da parte di un americano islamico di origine kuwaitiana a Chattanooga (Tennessee). Del resto ormai la presenza di comunità islamiche in Occidente è talmente estesa da tendere impossibili controlli efficaci ma al tempo stesso evidenzia come il vero fronte in cui questa guerra deve essere vinta è quello interno.
A differenza dei precedenti conflitti contro talebani e qaedisti in Iraq e Afghanistan, quella contro l’Isis è una guerra che ha rivelato come il gruppo islamista abbia saputo affascinare e arruolare un gran numero di simpatizzanti e combattenti, alcuni divenuti “foreign fighters” in Siria, Iraq o Libia, altri rimasti in Occidente pere reclutare, fare propaganda e compiere azioni terroristiche.
continua su La Nuova Bussola Quotidiana