Non il clima, ma le politiche del clima fanno male ai poveri – di Francesco Ramella

Emissioni…  Spesso, a parere di chi scrive, la discussione in tema di riscaldamento globale appare viziata da un approccio semplicistico che non consente di apprezzare tutte le sfaccettature del problema. Partiamo dalla responsabilità delle emissioni. Si legge nell’Enciclica che il “riscaldamento [è stato] causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi” (n. 51).

Ora: se guardiamo al periodo che va dall’inizio della rivoluzione industriale fino ai primi decenni dopo la seconda guerra mondiale, non vi è dubbio che che la maggior parte delle emissioni fosse attribuibile ad un novero limitato di Paesi.

Negli ultimi quaranta anni si è però assistito ad una radicale evoluzione di tale quadro: se nel 1971 le tre aree più ricche del Pianeta – America del Nord, Europa occidentale e Giappone – emettevano circa  il 60% della anidride carbonica, negli anni seguenti si è registrata una progressiva riduzione della loro quota che nel 2011 si è attestata a meno di 1/3 del totale.

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Pressoché l’intero aumento delle emissioni, che ha conosciuto un’accelerazione negli ultimi due decenni, è quindi da ricondursi allo sviluppo dei Paesi che partivano da livelli di reddito molto bassi, sviluppo che ha determinato, secondo i dati forniti dalla Banca Mondiale, una  riduzione della popolazione mondiale che vive in condizioni di povertà assoluta dal 52% del 1980 al 21% del 2010. Per citare ancora l’Enciclica: “la tecnologia ha posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano” (n. 102).

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