Nuova domenica di sangue ieri, in Nigeria. Un attentato suicida contro una chiesa cattolica, a Kaduna, ha causato 10 morti e oltre 140 feriti. L’episodio ha poi provocato la rappresaglia di alcuni gruppi cristiani: uccisi tre islamici. “Un atto barbaro, crudele, non necessario”. Così, il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan, ha stigmatizzato quanto accaduto, sottolineando che è urgente che il Paese investa il più possibile nella sicurezza, invertendo “la sfortunata e inaccettabile tendenza che minaccia la pace e la stabilità della Nazione”.
Ma come leggere questo nuovo atto di violenza che coinvolge cristiani e musulmani? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi africani all’Università di Torino:
R. – L’episodio si inserisce in una lunghissima scia di analoghi episodi, che ormai da anni stanno sconvolgendo la Nigeria, in particolare al nord, ma sempre più spesso anche altre parti di questo immenso Paese che, come sappiamo, è diviso sostanzialmente in due: un nord islamico e un sud cristiano e animista. I protagonisti di questo ennesimo episodio sembrano essere i militanti del gruppo islamico Boko Haram, gruppo ormai noto anche a livello internazionale, che ha come obiettivo l’imposizione della sharia, la lotta contro l’occidente e tutto ciò che l’Occidente rappresenta e che combattono, ormai è certo, non soltanto in Nigeria ma anche in altri Paesi africani.
D. – E’ pensabile che Boko Haram abbia agganci anche con al Qaeda?
R. – Mi sembra certo che combatta a fianco di al Qaeda o di cellule terroristiche che sono l’espressione di al Qaeda in Africa.
D. – Quindi, con un obiettivo politico ma facendo leva su eventuali frizioni tra gruppi religiosi?
R. – Indubbiamente, perché un terreno di coltura di Boko Haram, come di altri analoghi movimenti, è dato da una conflittualità in Africa, sia etnica che religiosa, che permette di reclutare – con il favore poi di condizioni sociali ed economiche disastrose – soprattutto giovani disoccupati con grandi problemi oggettivi e altrettanto grandi problemi di identità. Giovani che è facile coinvolgere in scontri che poi spesso degenerano in vendette private, in distruzione di beni e di proprietà, in attacchi a persone che nulla hanno a che vedere con la situazione.
D. – Quindi, secondo lei, quando il presidente Jonathan chiede di investire maggiormente in sicurezza, intende anche promuovere il progresso sociale?
R. – Assolutamente, e devo dire che questo presidente – tanto osteggiato dal nord e la cui elezione, essendo lui un cristiano del sud, ha intensificato l’ostilità di una parte della popolazione del nord nei confronti del sud cristiano – sta dando segnali e anche qualcosa di più, di buona volontà. Sta cercando, per esempio, di realizzare un colossale investimento nel settore energetico per superare una contraddizione clamorosa. La Nigeria, infatti, è da decenni il primo produttore africano di petrolio di risorse energetiche e dipende dall’estero per l’approvvigionamento di energia con costi e conseguenze economiche e sociali che possiamo immaginare.
Fonte: Radio Vaticana