Quando i grandi si incontrano per discutere di cose serie mandano i piccoli a giocare. Perché i piccoli disturbano, danno fastidio. Così, mentre a Cernobbio alcuni tra i più influenti personaggi del mondo economico e finanziario decidevano che il prossimo premier sarà di nuovo Mario Monti, Bersani e Casini stavano alle rispettive feste di partito.
Certo, diranno che si è trattato di manifestazioni dense di suggestioni democratiche, ricolme di nobilissimi e civilissimi tenzoni dialogici e cotanto di invitati prestigiosi ad animare dibattiti sul futuro del Paese.
Tipo Pippo Baudo. C’era per davvero e, venerdì, dal palco del Pd, ha discettato di populismo, grillismo, coalizioni ed esigenze delle giovani generazioni. Del Pdl, si potrebbe dire qualcosa se, negli ultimi tempi, fosse pervenuto qualcosa da dire. La verità, insomma, è che appare tutt’altro che esagerato affermare, come fa Piero Sansonetti, che i partiti non contano più assolutamente niente di niente.
Sansonetti, a Cernobbio un gruppo di economisti ha scelto il nuovo premier: la sovranità popolare è un lontano ricordo?
Magari si trattasse solo della cessione della nostra sovranità; siamo di fronte, invece, alla delega ad un gruppo di persone che sono state certificate essere le più sciocche della Terra.
Addirittura…
Ma scusi, sono anni che studiano l’economia descrivendo scenari futuri che, sistematicamente, sono l’opposto di quello che accade. Tutti gli anni si riuniscono a Cernobbio, interpretano il futuro del mondo, e succede il contrario di quello che dicono. Nessuno di questi ha capito che sarebbe arrivata una crisi peggiore di quella del ’29. Senza contare il fatto che gran parte dei personaggi lì presenti è espressione delle stesse banche da cui ha avuto origine la tempesta finanziaria.
Non crede, in ogni caso, che l’indicazione di costoro dovrà pur sempre fare i conti con le urne?
Alle urne ci andremo, certo. Peccato che si voterà non tanto per decidere chi sarà a governare l’Italia, quanto per determinare gli equilibri in Parlamento. Qualunque sarà la legge elettorale, la frammentazione sarà tale che i partiti sosterranno di non avere alternativa alla grande coalizione e al Monti-bis. Non fanno neanche particolari sforzi, del resto, per nascondere tale intenzione.
La democrazia è a rischio?
Direi di sì. Da vecchio comunista, ricordo che da ragazzo avevo sempre il timore del colpo di stato, dell’arrivo dei colonnelli. Mai, onestamente, avrei pensato che sarebbe stata messa a rischio dall’arrivo di un Mario Monti…
A Cernobbio, Monti ha messo in guardia dal rischio di forze populiste capaci di mettere a repentaglio il processo di integrazione europea…
Non mi stupisce: tutto ciò che contrasta con la cessione assoluta di sovranità viene indicato come il nemico da abbattere, anche laddove non si possa parlare di populismo vero e proprio ma di rivendicazioni legittime. E il modus operandi tipico dei totalitarismi; essi, per definizione, si rappresentano come il tutto. Qualsiasi elemento non inglobabile, quindi, viene considerato sovversione, pericolo, follia.
In tutto ciò, sembra che i partiti non c’entrino nulla, che facciano un altro mestiere.
E’ così. E, se non fosse così, non avremmo Monti al governo. L’assenza totale della politica non è l’effetto, ma la causa del governo tecnico. Credo, del resto, che la fine della politica e quella della democrazia, se proprio non vanno di pari passo, per lo meno sono l’una molto vicina all’altra.
Oltre allo scontro Renzi-Bersani, a sinistra, e al “Berlusconi torna in campo sì/no”, vede altri contenuti nell’attuale panorama politico?
Non solo non c’è assolutamente niente, ma noto un aspetto particolarmente folle: chi si candiderà, cosa si candiderà a fare, visto che il premier già c’è? Ma cosa le fanno a fare la primarie nel Pd per scegliere il premier di coalizione se tutti sanno che il premier sarà Monti?
Capita di sentire decine di deputati e senatori seriamente convinti del fatto che questo governo non ne abbia azzeccata una. Perché, allora, continuano a sostenerlo a oltranza?
Hanno paura. Di governare, di fare opposizione. Di fronte alla crisi, la nostra classe dirigente si è lasciata prendere dalla disperazione e dal panico. Prima le cose non erano molto diverse. I berlusconiani erano convinti che Berlusconi avrebbe risolto ogni cosa. Ne erano convinti anche gli antiberlusconiani. Lo osteggiavano, ma pensavano, in fondo, che fosse l’uomo che avrebbe saputo governare l’Italia. Sia gli uni che gli altri avevano delegato tutto a lui e la sua caduta ha gettato tutti nella paralisi totale. E, adesso, non gli resta che affidarsi a Monti.
(Paolo Nessi)
Fonte: Il Sussidiario.net