Le Mont Saint-Michel di EditionNumerique
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Gli esperti dicono che quella prevista il 21 marzo sarà la marea del secolo. Un’occasione unica per scoprire Mont Saint-Michel. Quando il coefficiente della marea supera 110 (capita una ventina di giorni l’anno), il Mont torna per qualche ora ad essere isolato dal continente. Ma nel giorno dell’equinozio il coefficiente sarà addirittura 118 e per una situazione analoga bisognerà aspettare il 25 marzo 2073.
Di seguito una presentazione di Mont Saint-Michel scritta a suo tempo da Franco Cardini su Avvenire:
La città-santuario di Mont Saint-Michel «au péril de la mer», che nelle ore di bassa marea è il culmine vertiginoso di un basso promontorio tra Bretagna e Normandia – 22 km a ovest della città di Avranches – mentre in quelle di alta marea le acque dell’Atlantico lo trasformano in un’isola separandolo dalla terra, è senza dubbio uno dei luoghi più affascinanti e «paurosi» del Vecchio Continente, del quale rappresenta uno degli hauts lieux. Qui fu edificato in pieno Trecento uno dei più begli esempi dell’architettura gotica francese.
Ma il santuario dedicato all’arcangelo Michele che ne è il culmine, e attorno al quale aleggiano secolari leggende, ha davvero un ruolo centrale nella nostra storia.
Per secoli, fin dalla nascita del cristianesimo, i più celebri santuari e mete di pellegrinaggio della fede rimasero (a parte Roma) in Oriente. Gerusalemme e Costantinopoli naturalmente, ma anche i grandi centri sacrali armeni, anatolici, egizi. Le aree sacrali più spinte verso l’Occidente erano, non a caso, quelle italo-meridionali, per secoli parte dell’universo bizantino. Ma gradualmente le Chiese occidentali – prima forse quella celtica tra Bretagna e Irlanda, poi con maggior decisione quella romana – cominciarono a impiantare a loro volta santuari dotati d’una loro sacralità autoctona, «originale».
Alla base di questo rinnovamento troviamo proprio, a partire dai primi dell’VIII secolo, il culto michelita di Mont-Saint-Michel; più tardi, in seguito a varie translationes di reliquie e a diversi episodi miracolosi, si radicarono nell’Europa occidentale i santuari della Vergine a Le Puy e a Chartres, del Santo Sangue a Mantova e a Fécamp, di san Michele in Piemonte, di san Giacomo a Compostela in Galizia, di san Marco a Venezia, di santa Maria Maddalena a Vézelay, dei santi Pietro e Marcellino a Seligenstadt, di san Nicola a Bari, della Santa Tunica ad Argenteuil; mentre si affermava anche il pellegrinaggio alla tomba di Carlo Magno in Aquisgrana.
Nasceva così l’Europa dei pellegrinaggi, i centri della quale furono collegati da una fitta rete di strade tra le quali quelle note in Italia con il nome di Via Francigena e in Spagna di Camino de Santiago. Mont Saint-Michel si può pertanto considerare il capostipite dei grandi santuari di pellegrinaggio occidentali. Ma le sue origini, come centro di sacralità, sono con certezza precristiane.
Su quell’arduo promontorio battuto dai venti oceanici e come sospeso fra cielo, mare e terra, era radicato un culto al dio celtico Belenos: ne resta memoria forse nei toponimi Tombelaine e Mont Tombe. In età romana si era già avviata una qualche soluzione acculturativa tra la divinità celtica Belenos e quella persiana Mithra, molto adorata specie nelle legioni romane e al centro di un culto misterico il fulcro del quale era il taurobolion, il sacrificio di un toro sacro. Più tardi, alcuni eremiti cristiani erano venuti a stabilirsi nei dintorni: tra essi la tradizione vuole giungesse da una delle capitali della vita spirituale gallo-romane, Poitiers, l’evangelizzatore della zona, san Paterno (che i francesi chiamano saint Pair) che, prima di divenire a metà del secolo VI vescovo di Avranches, vi fondò un monastero.
Un suo successore, sant’Auberto, ricevette nel 708 in sogno, durante una visio, l’ordine dall’arcangelo Michele di costruire in suo onore un monastero sul Mons Tumba.
Dopo molte sollecitazioni, il buon vescovo si mise alla ricerca del luogo, che egli avrebbe riconosciuto da un toro ch’era stato trafugato e là nascosto. Il santuario fu fondato: e Auberto inviò messaggeri in Puglia affinché portassero dal Monte Gargano (allora il più celebre santuario dell’arcangelo, sito però in un contesto bizantino per quanto non estraneo ai longobardi italomeridionali) una reliquia micaelica (giunse, in effetti, un frammento del manto dell’arcangelo).
Si era appunto ai primi dell’VIII secolo: in un tempo nel quale il culto dedicato agli arcangeli dava luogo a inquietudini e polemiche: il radicarsi dei due santuari micaelici, il pugliese e il bretone-normanno, dovette pesare nel sostegno all’immagine del loro titolare.
È stata notata l’analogia molto stretta fra il testo dell’Apparitio sancti Michaelis e quello della leggenda di fondazione di Mont Saint-Michel detto «au péril de la mer»: che il luogo si denominasse, ancora alla fine del Medioevo, «Mont Gargan», è stato posto nel folklore francese in rapporto con un mitico figlio del dio Belenos, cui si attribuiva appunto quel nome, e che è divenuto poi il gigante Gargantua.
Nell’870 abbiamo la prima voce di testimonianza sicura d’un pellegrinaggio a Mont-Saint-Michel e alla tomba di sant’Auberto: ce l’ha procurato il monaco Bernardo, celebre autore d’un Itinerarium.
All’epoca, il monte era rifugio delle genti circostanti contro le incursioni dei pirati nordeuropei che avrebbero più tardi insediato la regione e le avrebbero conferito il suo nome moderno. Infatti nel 911 il norvegese Rollone, capo d’una banda d’incursori danesi, decise d’insediarsi in quell’area e divenne – per concessione del re di Francia – dux Normannorum e anche protettore del santuario.
Da allora Michele divenne santo nazionale dei normanni. A Mont-Saint-Michel il duca Guglielmo il Conquistatore volle che fosse affiliato il monastero di Saint Michael in Cornovaglia.
Nell’XI secolo gli avventurieri normanni che scendevano in Italia per cercarvi la fortuna non avrebbero dimenticato né la Val di Susa (la “Sacra” o “Sagra” di San Michele fu fondata secondo un’incerta tradizione nel 966 o nel 999-1002, mentre oggi si propende piuttosto per il periodo 983-987 collegandola alla volontà di un nobile pellegrino alverniate, Ugo di Motboissier, e di suo figlio Maurizio) né il Monte Gargano: sarebbe nata così una forte tradizione di «pellegrinaggio micaelico», una Via sancti Michaelis tra Normandia e Puglia attraverso le Alpi occidentali. Sulla linea dei tre grandi santuari del Monte Gargano, di San Michele «della Chiusa» (la Sacra) e di Mont Saint-Michel si costituì l’asse portante del pellegrinaggio micaelico di età medievale.
Incrociato con i pellegrinaggi romano (e gerosolimitano) e compostelano, e quindi con quelli mariani ed altri «minori», quest’asse ha costituito fra VIII e XIII secolo la colonna vertebrale dell’autocoscienza identitaria dell’Europa cristiana.
Fonte: ilTimone