Messa di inizio Pontificato. Papa Francesco: vero potere è servire gli ultimi e custodire il creato

Il “vero potere” di un Papa è nel servizio umile ai più piccoli e nel custodire con bontà e tenerezza tutta l’umanità. Sono le toccanti parole con le quali Papa Francesco ha inaugurato il Pontificato, presiedendo questa mattina in Piazza San Pietro la solenne Messa di inizio del ministero petrino.

Circa 200 mila le persone presenti, tra le quali le delegazioni di oltre 130 Stati e organismi internazionali, salutati dal Pontefice al termine della celebrazione.

Il potere del Successore di Pietro è tutto in un gesto, che Papa Francesco compie all’improvviso, secondo il suo stile, quando gli occhi del mondo sono su di lui, per così dire sul momento della sua massima gloria personale, e viceversa i suoi continuano a essere sui prediletti del Vangelo, senza distrazioni.

Quale sia il potere del Successore di Pietro diventa chiaro verso le 9, ben prima della Messa, quando Papa Francesco, in piedi sulla jeep, sorridente nella sua semplice talare bianca e per nulla stordito o esaltato dalla folla che si sbraccia per sfiorare il suo lento passaggio, fa arrestare il mezzo in un punto imprevisto dal programma ma gradito al suo cuore.

Accanto alla transenna c’è un uomo, un tetraplegico sdraiato su un lettino, un punto di dolore invisibile in mezzo a un oceano di entusiasmo. Papa Francesco lo nota e non si limita a un cenno: si ferma, scende, si accosta e con una dolcezza infinita lo bacia e lo accarezza, trattenendosi per più tempo e con più affetto di quanto servirebbe per un atto di circostanza. In un certo senso, il ministero petrino del Papa attento ai piccoli inizia lì.

E quando più tardi all’omelia dirà in cosa consiste il “potere” di un Pontefice, le sue saranno, una volta di più, le parole rese vere dal testimone prima che dal maestro:

“Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere. Solo chi serve con amore sa custodire!”.

 

Ecco enunciato il “programma” del Pontificato. Che Papa Francesco, con commozione non trattenuta, apre in ginocchio davanti alla tomba di San Pietro, attorniato dai Patriarchi delle Chiese orientali.

È un rito antico fatto di riti: dall’interno della Basilica il Papa passa all’esterno, incontro a una Piazza inondata di sole, con il cielo che si riflette con identici colori nelle tante, fra le tante, bandiere argentine che non smettono di sventolare. Il canto delle Laudes Regiae e delle litanie è la colonna sonora della solennità e accompagna i segni del potere che si fa servizio: dal cardinale Tauran Papa Francesco riceve il pallio, dal cardinale Sodano l’Anello del Pescatore. “Tu es Petrus” pronunciano sei cardinali che gli si inchinano di fronte in atto di obbedienza a nome del Collegio delle porpore.

Una sequenza rituale che la Piazza segue in raccoglimento, per poi accendersi quando Papa Francesco comincia a parlare di San Giuseppe, ricordando l’onomastico di Benedetto XVI – che segue da Castel Gandolfo la celebrazione – e spiegando perché quello del padre putativo di Gesù e dello sposo di Maria è uno straordinario ruolo di “custode”:

“Giuseppe è ‘custode’, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!”.

 

Il crescendo di Papa Francesco strappa applausi, il suo calore è coinvolgente e le sue parole sono nitide oltre che belle da sentire. E anche responsabilizzanti su scala planetaria, quando afferma che “la vocazione del custodire però non riguarda solamente noi cristiani”, ma “ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti”:

“E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato San Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”.

Sulla destra del seggio pontificio, eretto davanti ai cancelli di San Pietro, siedono più di 130 tra capi di Stato, di governo, massimi responsabili di organizzazioni sovranazionali. Papa Francesco continua a sviluppare ancora un po’ il suo pensiero sull’essere custodi gli uni degli altri – mettendo in guardia sugli “Erode” che anche oggi “tramano disegni di morte” uccidendo gli uomini e il pianeta – quindi si rivolge ai potenti con semplice schiettezza:

“Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo ‘custodi’ della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per ‘custodire’ dobbiamo anche avere cura di noi stessi! (…) Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!”

Queste parole aleggiano sulla Piazza come un sole capace di sciogliere le pietre. Certamente sciolgono più di un cuore, dimostrando che il nuovo Pescatore è al timone di una barca decisa a fendere il muro di molte correnti.

 

Papa Francesco ha tante parole di coraggio. “Saldo nella speranza, contro ogni speranza”, è la sua esortazione finale, prima di concludere la Messa e ritirarsi in Basilica, davanti all’altare, per salutare con cordialità, una a una, le autorità istituzionali che vengono a rendergli omaggio. Fuori, qualche nube offusca di tanto in tanto la luce. Non quella che si è accesa nella gente, che sciama via ripensando all’ultimo appello di Papa Francesco, “servo” di un Amore che gli ha già concesso potere su molti cuori:

“Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza!”.

Alessandro De Carolis:
 
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana