Ancora una volta, uno strombazzato caso di omofobia si è rivelato falso. Il tribunale di Varese ha infatti assolto i buttafuori che nel 2012 hanno allontanato dalla discoteca “Just In” di Germignaga quattro omosessuali riconoscendo che “il fatto non sussiste”. Il tribunale ha verificato che i buttafuori non li minacciarono, non li offesero né li picchiarono.
I quattro, due ragazzi e due ragazze, avevano invece denunciato di essere stati scaraventati giù da un cubo dai bodyguard perché due di loro si erano baciati (UCCR, 8 ottobre).
Uno dei due ragazzi era Marco Coppola, presidente dell’Arcigay di Verbania e membro della segreteria nazionale.
L’Arcigay parlò di una “gravissima aggressione omofoba. I ragazzi stavano solo ballando su un cubo tra di loro quando, ‘identificati’ come omosessuali, sono stati costretti a scendere, insultati, brutalmente pestati e infine allontanati dal locale”. Si invocò quindi l’intervento della politica e la legge sull’omofobia, ricevendo la solidarietà della miriade di associazioni Lgbt.
Il titolo dell’articolo era “Grave atto di omofobia: 7 ragazzi pestati in discoteca a Luino. Dov’è il legislatore?”. Il legislatore ora ha assolto i buttafuori e Coppola e i suoi amici sono stati denunciati dal proprietario della discoteca per diffamazione a mezzo stampa e calunnia.
“Dal video registrato dalle telecamere non apparve nemmeno una percossa”, mentre un buttafuori fu “morso alla coscia interna da uno dei due ragazzi, ricevendo un calcio in faccia dalla ragazza del gruppo, con piena confessione della stessa in udienza”, ha spiegato Fabio Margarini, difensore di due dei tre buttafuori. “Abbiamo scoperto che l’orientamento sessuale non c’entrava. Erano stati i gay a provocare”, ha affermato il prefetto Francesco Cirillo, vice del capo della Polizia.
Quello della discoteca “Just In” è solo uno dei casi in cui sono state denunciate aggressioni omofobe del tutto inventate.
Pochi giorni fa è stata infatti smascherata un’altra “bufala” Lgbt che ha invaso i media per parecchi giorni quest’estate, ovvero il caso di presunta discriminazione verso un’insegnante dell’Istituto Sacro Cuore di Trento per il sospetto che fosse lesbica.
Il presidente della Provincia, Ugo Rossi, dopo una verifica del caso ha confermato i fondi alla scuola paritaria poiché “è emerso un esito assolutamente confortante sia dal punto di vista formativo che da quello del clima interno”.
Si è anche scoperto che l’insegnante ha interrotto la sua collaborazione non perché fosse lesbica, ma perché era già previsto dal momento che aveva raggiunto il numero massimo di contratti a termine nella stessa scuola.
Il fenomeno dell’omofobia sembra quindi inesistente a livello generale, al di là di fatti sporadici che coinvolgono purtroppo tutte le minoranze.
I pochi casi riportati sulla stampa sono stati tutti smascherati. Tra questi, il ragazzo 15enne di Roma che si è suicidato impiccandosi che però non era omosessuale (novembre 2012); il caso del giovane Andrea (gennaio 2013), anche lui non omosessuale; il tentato suicidio del sedicenne di Roma (maggio 2013) che ha spiegato non essere motivato dall’omofobia; il caso di Roberto, l’adolescente omosessuale suicidatosi quest’estate gettandosi dal terrazzo di casa per un disagio esistenziale non legato all’omofobia (ottobre 2013), e infine l’attentato al liceo Socrate, noto istituto gay-friendly, rivelatosi invece una vendetta per una bocciatura.
L’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), istituito presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, ha rilevato soltanto 28 segnalazioni – non atti, ma segnalazioni – all’anno di omofobia in Italia, e il prestigioso “Pew Research Center” ha collocato il nostro Paese tra quelli con i maggiori tassi di accettazione dell’omosessualità al mondo, ponendolo all’ottavo posto.
Fonte: Aleteia