Commozione, cordoglio, partecipazione. Una grande folla ha assistito al funerale laico – come è stato chiamato – della giovane Valeria Solesin, la ventottenne veneziana morta a Parigi a seguito dell’attentato terroristico del 13 novembre scorso. Hanno parlato il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Patriarca Francesco Moraglia. Per il governo era presente il ministro della difesa Roberta Pinotti, che ha letto un messaggio del presidente francese Hollande.
La salma è stata esposta in una piazza dal nome di un santo cristiano ed evangelista, sullo sfondo di una basilica cattolica. Ma non è stato un funerale cattolico né di altra religione, è stato un funerale «aperto a tutte le fedi», come ha detto il padre della ragazza, compreso l’ateismo, che però non è una fede, ma l’assenza di fede.
La volontà della famiglia era – se mi posso permettere un’interpretazione – di contrapporre all’odio e al fanatismo religioso dei terroristi assassini, la ragione e l’apertura tollerante propria non di una fede confessionale, ma di una fede laica nell’umanità.
Per questo, così almeno mi sembra di aver capito, il funerale non solo è stato definito “laico” o “con rito civile”, come spesso è accaduto in altri tristi eventi, ma è stata esplicitamente espressa la volontà che fosse aperto a tutte le religioni – anche se in concreto c’è stata la presenza evidente solo di tre di esse – ed anche a visioni non religiose, agnostiche o atee.
La volontà della famiglia va rispettata e con essa il dolore di tante persone, le lacrime e la commozione evidenti in piazza San Marco. All’evento, però, è stato anche attribuito il significato politico di contrasto morale nei confronti del terrorismo.
É già stato detto, e lo si dirà ancor di più, che il funerale laico di piazza san Marco è una risposta al terrorismo. Qualcuno si spingerà anche a dire che è la nostra risposta, la risposta dell’Europa, la risposta dell’Occidente. Su questo aspetto, nel rispetto delle buone intenzioni di tutti i partecipanti al funerale, è lecito fare alcune riflessioni.
«Aperto a tutte le fedi». Vien subito da pensare, però, che anche i sanguinari terroristi di Parigi avevano una fede religiosa. Anche la Francia che canta la Marsigliese e nel cui spirito ospita, finanzia e tutela le Femen oppure vuole togliere ogni traccia pubblica del cristianesimo, è una fede.
Anche la fede nell’umanità che ha motivato la scelta delle modalità di questo funerale può essere considerata una fede, una credenza in qualcosa di importante e dal valore assoluto.
Ma non tutte le fedi credono in questa religione dell’umanità, e non solo l’islam terrorista e violento. Il funerale di Venezia è stato talmente ragionevole da ammettere, in linea di principio, anche le fedi che combattono la ragione e talmente religioso da ammettere, sempre in via di principio, anche le ragioni che combattono la fede.
Questa fede nell’umanità ha i contorni tanto dilatati, imprecisi e generici da essere facile da proclamare, più difficile da definire e impossibile da difendere. Per una fede del genere, così tanto estensiva e così poco intensiva, quanti sono disposti a lottare oltre che cantare la Marsigliese?
É proprio questa fede ad alimentare il ventre molle dell’Europa. La risposta europea e occidentale al terrorismo islamista può essere questa indifferenza rispetto alle fedi, ritenute tutte uguali, come le visioni della vita, che oggi quasi tutti equiparano alle fedi religiose, ritenendo le une e le altre prive di ragioni e frutto di sentimento e di scelte private?
Anche la lotta al terrorismo ha bisogno di fede e di ragione. Ma quali l’Occidente non lo sa più. Le telecamere hanno ripreso in piazza San Marco un grande folla.
Ma ognuno era lì per il suo Dio, rispondendo a chiamate diverse e ritenute tra loro incommensurabili, perché non ci sarebbe una misura nelle fedi, non una ragione nelle religioni. Sicuramente tutti i partecipanti sono andati per un senso profondo di umanità. Se però interrogati su cosa essi intendessero per umanità avrebbero dato risposte diverse.
Non può essere questa la risposta dell’Europa e dell’Occidente al terrorismo islamista. Se così fosse vorrebbe dire che Europa e Occidente non hanno risposta o, peggio, che risposta non c’è. «Siamo pronti a difendere i nostri valori».
Ma su quali siamo veramente concordi e pronti a lottare, se consideriamo tutte le fedi uguali e diverse, comprese anche le visioni laiche della vita fino all’ateismo?
Tutt’al più si parla di libertà e di pace, due concetti che, da soli, sono insufficienti per costituire una comunità. Tutt’al più si parla di tolleranza, che se assolutizzata come avviene oggi in Europa e in Occidente, è il concetto più intollerante che ci sia. Tutt’al più si parla di libertà di religione senza sapere in cosa consisterebbe il limite oltre il quale non permetterla più.
Abbiamo bisogno di riscoprire tra noi una vera comunità morale e per farlo bisogna ricominciare un rapporto serio e non qualunquista con le religioni e specialmente con la religione che ha fatto l’Occidente. Non è il cristianesimo ad avere bisogno dell’Occidente, è l’Occidente ad avere bisogno del cristianesimo.
Fonte: La NBQ