Hanno suscitato qualche piccola contestazione, in chiesa, le parole di don Livio Fabiani, parroco di Cisterna di Latina, al funerale delle due bambine uccise dal padre.
Ma forse – per dei cattolici – dovrebbe suscitare più perplessità l’omelia del card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, alla messa funebre per Davide Astori, il capitano della Fiorentina morto domenica per un arresto cardiaco.
Le due tragedie ci hanno rimesso di fronte alla morte improvvisa, all’irrompere del male e al dolore degli innocenti. Tutti restiamo ammutoliti. “Deserto e vuoto”: le parole ripetute da Thomas S. Eliot in un suo poema descrivono i nostri cuori in queste circostanze.
Però c’era, c’è sempre stata per i cristiani, una voce che conosce il mistero di tutte le cose, che sa fare amicizia perfino con “sorella morte” e che da secoli ha la missione di illuminare il cammino degli uomini: la Chiesa.
Sempre Eliot ricorda che essa è stata vista per secoli come colei che “darà risposta a tutti i nostri dubbi, Colei che veglia, Colei che vede ciò che accadrà… la Testimone… la visitata da Dio e nella quale innata è la verità”.
Riprende il poeta: “Essa ricorda agli uomini la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare./ E’ gentile dove loro sarebbero duri e dura dove essi vorrebbero essere teneri./ Ricorda loro il Male e il Peccato e altri fatti spiacevoli”.
PAROLE CRISTIANE
Per questo il parroco di Latina nella dolorosa messa per le due bambine uccise ha invitato a pregare “anche per il padre”, quel padre che si è suicidato dopo l’omicidio delle figlie e il ferimento della moglie.
Secondo il Corriere della sera “qualcuno dai banchi della chiesa ha contestato le parole del parroco e lui ha aggiunto, dopo un attimo di silenzio e commozione, ‘Scusate, ma la famiglia ha perdonato’ ”.
Il parroco nell’omelia ha ricordato che “Alessia, battezzata e comunicata da me, il prossimo 6 maggio avrebbe dovuto ricevere il Sacramento della Cresima e Martina a settembre avrebbe iniziato il suo cammino di catechesi parrocchiale”.
Poi ha sottolineato che “abbiamo portato Alessia e Martina qua, non in uno stadio o in un palazzetto. Le abbiamo portate qui, in chiesa dove loro hanno cominciato a muovere i primi passi nella cristianità” perché “è qui che troviamo risposte, nella fede in Gesù”.
Semplici parole cristiane, ma vertiginose. Dovrebbero spegnere il rancore che si è visto anche altrove. L’Ansa informa che a Secondigliano la salma di Luigi Capasso (il padre), è stata “accolta da urla e insulti”. Però “è stata benedetta nel cimitero napoletano di Poggioreale”.
Anche quando fra la gente prevale l’ira, la Chiesa non fa mancare mai la sua pietosa preghiera a nessuno, sull’esempio di Gesù che dalla croce dove era stato inchiodato pregò perfino per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
La Chiesa è il luogo dove si va a cercare la preghiera di cui tutti abbiamo bisogno e dove troviamo la consolazionequando si è nel dolore o davanti alla morte.
La Chiesa è colei che – come una madre che ama – dice ai suoi figli anche le verità scomode che non vorrebbero sentire. A cominciare dalla necessità e dal dovere della preghiera per tutti. Perché una madre non cerca il plauso degli uomini, ma vuole solo la salvezza dei figli.
SMARRIMENTO
Per questo però lascia perplessi l’omelia che l’arcivescovo di Firenze, card. Betori, ha pronunciato per la messa funebre di Davide Astori.
Infatti in tutto il suo discorso non si trova un solo riferimento alla preghiera: né per l’anima del giovane calciatore, per la sua salvezza eterna, né per i suoi familiari che vivono un così grande dolore.
E’ sorprendente perché un uomo di Chiesa dovrebbe far capire che il legame con le persone amate non finisce con la morte, ma possiamo e dobbiamo continuare ad aiutarci a vicenda con la preghiera per salvarci e arrivare alla felicità.
La preghiera per chi è morto fa anche comprendere che la morte è solo una momentanea uscita dal campo visivo, ma “la vita non è tolta, bensì trasformata”. Perciò i cristiani possono gridare: “Morte dov’è la tua vittoria?”.
La preghiera per le persone amate che sono state già chiamate da Dio è un grande gesto d’amore e ricorda a noi stessi che abbiamo un’anima immortale. Come diceva Chiara Corbella: “siamo nati e non moriremo più”.
Queste erano le parole eterne della Chiesa che migliaia di persone, a Firenze, desideravano ascoltare.
La tragedia di Davide Astori ha raggelato tutti perché la morte improvvisa di un ragazzo di 30 anni è un pugno in pieno volto che ti mette davanti la terribile fragilità della vita. Anche quando sei nel pieno del vigore e della giovinezza.
Ti porta sul ciglio dell’abisso, del mistero della vita. Ed è soprattutto in questi momenti che lo sguardo va a quel luogo che promette “parole di vita eterna”. Infatti la chiesa di Santa Croce a Firenze era strapiena come pure la piazza antistante.
Ma il cardinal Betori non ha abbracciato il dolore di tutte quelle persone invitandole alla preghiera, insegnando la fede e così spalancando il loro cuore alla speranza cristiana.
Anzi, si è dichiarato incapace di dare qualsiasi consolazione. Ecco il suo sorprendente esordio:
“Di molte cose nella vita ci sfugge il senso, resta oscuro il perché. Prima fra tutte la morte. Della morte non abbiamo spiegazioni da offrire, che possano servire a consolare. Restiamo con il nostro dolore, soprattutto quando la morte ci toglie una persona che amiamo, un amico. È toccato a noi in questi giorni, per Davide Astori. Non chiedetemi quindi ragioni per capire, argomenti per giustificare, motivi per essere consolati. Posso solo piangere con voi. E offrirvi qualche motivo per pensare”.
Certo, poi, nel corso dell’omelia ha giustapposto qualche citazione del Vangelo, tuttavia sempre in una dimensione orizzontale, sociale (aiutiamo gli altri) e senza mutare sostanzialmente quella plumbea e terribile premessa di esordio.
Ma una Chiesa che proclama “della morte non abbiamo spiegazioni da offrire, che possano servire a consolare” e aggiunge “non chiedetemi quindi ragioni per capire, argomenti per giustificare, motivi per essere consolati. Posso solo piangere con voi”, una Chiesa così – dicevo – a cosa serve?
E’ del tutto inutile. E’ desolante come un ufficio postale abbandonato. Una Chiesa disperata non può aiutare noi disperate creature. E’ il sale che diventa sciocco e – come dice Gesù nel Vangelo – non serve più a niente se non a venir gettato via ed essere calpestato.
Non si può nemmeno pensare che si tratti solo dello scivolone di un cardinale, perché Betori qui è andato a riecheggiare le cose che più volte ha detto Bergoglio a proposito del dolore, del male e della morte.
La Chiesa attuale – in fin dei conti – ha oggi un colossale problema racchiuso in questa domanda: le sue gerarchie hanno ancora la fede? Tutto il dramma è qui, come ha recentemente detto il card. Sarah.
Senza una fede certa e luminosa (e la speranza nella vita eterna) si ha solo l’orizzonte terreno dove andare a cercare gli applausi del mondo. Come ha fatto anche Betori facendo un lungo elogio del calciatore della Fiorentina davanti ai suoi tifosi.
Per la verità la Chiesa aveva prescritto in passato che ai funerali non si facesse un’omelia-panegirico sulla persona deceduta, ma si ricordasse l’insegnamento di Cristo sulla vita, sul giudizio, sulla resurrezione e sulla vita eterna.
Betori ha fatto un discorso che parlava più al cuore viola della città, che alla coscienza cristiana delle persone. Ha fatto pure digressioni sul calcio.
Oggi la Chiesa sembra subire un crollo spirituale catastrofico perché poi queste gerarchie pretendono di portare il gregge dei fedeli sulla loro stessa via.
Forse qualcuno dirà che in fondo la cosa – seppure enorme – riguarda solo i credenti. Ma che non ci sia più il luogo dove risuona una speranza eterna per la vita è uno spaventoso impoverimento per tutti. Hanno spento la luce ed ora è buio per tutti.
Antonio Socci
Da “Libero”, 10 marzo 2018
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