Ma Gesù è venuto a salvare solo i ricchi? – di Francesco Filipazzi

CartoneLa distorsione della realtà genera paradossi che risultano simpatici. Prendiamo ad esempio il magistero di Papa Francesco, che quotidianamente invita ad aiutare i poveri, a donare i propri beni. Una valanga di buonismo, da quanto traspare sui giornali travisanti, che induce solo a pensare una cosa: il Vangelo è stato scritto per i ricchi e Gesù parla solo con loro. Chissenefrega dei poveri, loro non sono ricchi che devono donare i loro beni.

E comunque se i ricchi donassero tutto, diventerebbero poveri e dopo si dovrebbe andare dagli ex poveri a chiedere loro di ridare i soldi agli ex ricchi. Dunque cari ricconi da strapazzo, non fateci lo scherzone di spogliarvi davvero dei vostri villoni. Non si sa mai che salti fuori un altro San Francesco, che poi ci tocca stravolgerlo come abbiamo fatto con quello di Assisi inventandoci che era vegano.
D’altronde, il cattocomunismo si nutre delle stesse parole d’ordine della peggior retorica poveracciaro-lacrimogena del ‘900, come più o meno tutta la compagine socialistoide irreale. Se i poveri scomparissero davvero costoro non saprebbero più che dire e quindi sguazzano nella retorica. Si dimenticano che se fra due persone una è malata, la seconda per curare l’altro deve essere sana. Altrimenti i due creperebbero assieme, magari ognuno consolandosi che anche l’altro sta tirando le cuoia. Un ragionamento da mentecatti.

Ma il cristianesimo è davvero questa poveracciata? Stando a 2000 anni di teologia e di esperienza di Chiesa Cattolica, no.

Andiamo con ordine. Gesù era benestante e ha scelto la povertà. Quelli che dicono il contrario, spiegando che è nato in una mangiatoia perché Giuseppe non aveva i soldi per l’albergo, mentono e dovrebbero essere rieducati alla lettura del Vangelo. La Sacra Famiglia va nella stalla perché gli alberghi erano tutti pieni, a causa dell’affollarsi per il censimento. E via dicendo.

La povertà di Cristo è quindi una scelta. Avete mai letto che Gesù ha invitato qualcuno, a parte gli apostoli, a lasciare ai poveri la propria barca da pesca, la propria casa, i propri strumenti da lavoro, i propri campi e le proprie botteghe per donarle ai poveri? Potremmo forse azzardare che c’è una differenza fra ricchezza onesta e disonesta. Ma è un concetto difficile. Meglio la favola di Robin Hood.

 

Siccome si avvicina il Natale, sentiremo fino allo svenimento frasi come quella secondo cui “Gesù nasce povero e quindi dobbiamo farci poveri”. Non caschiamoci.
Secondo la Dottrina Sociale, “Il realismo cristiano, mentre da una parte apprezza i lodevoli sforzi che si fanno per sconfiggere la povertà, dall’altra mette in guardia da posizioni ideologiche e da messianismi che alimentano l’illusione che si possa sopprimere da questo mondo in maniera totale il problema della povertà.
Ciò avverrà soltanto al Suo ritorno, quando Lui sarà di nuovo con noi per sempre.” In poche parole: il cristiano che propone il Paradiso in terra può accomodarsi nel cestino dell’immondizia.
Già Tommaso d’Aquino parlando di proprietà privata e di ricchezza, non condannò né l’una né l’altra, parlando piuttosto di un abuso della ricchezza, di uso non conforme alla morale. Introdusse anche il concetto di “utilizzo sociale” della proprietà privata, che è ben diverso dalla comune di fricchettoni, nella quale, ça va sans dire, va sempre a finire che l’unico utilizzo sociale è quello della marijuana.
Tutto questo con buona pace dei pauperisti de noantri i quali, generalmente, attaccano alle loro fandonie delle fiorenti cooperative che fatturano soldoni esentasse.

p.s. Se non ci fossero i ricchi a comprarlo, come farebbe la Chiesa a vendere tutto il suo oro per sfamare i poveri?

 

Fonte: Campari&De Maistre