È finito. Il lungo addio al pontificato di Benedetto XVI si è concluso con diversi momenti, uno più commovente dell’altro, come fotogrammi di un film che resterà per sempre nella nostra memoria. Prima di volare a Castelgandolfo, Papa Ratzinger ha salutato i cardinali con un ultimo breve ma grande discorso sulla Chiesa.
L’incontro con i cardinali si era aperto, ancora una volta, con un accenno «apocalittico» – una parola, ricordiamolo sempre, che per i cattolici non ha niente a che fare con improbabili previsioni di date per la fine del mondo –, quando il cardinale Sodano aveva ricordato che il Papato durerà fino alla fine dei tempi, ma i tempi non dureranno per sempre.
Dureranno «fino a quando si udirà sulla terra la voce dell’Angelo dell’Apocalisse che proclamerà: “Tempus non erit amplius … consummabitur mysterium Dei” (Ap 10, 6-7) – “il tempo ormai non c’è più .: è compiuto il mistero di Dio!”. Terminerà così la storia della Chiesa, insieme alla storia del mondo».
Poi, l’ultima lezione di Benedetto XVI. Il Papa ha ricordato, come aveva fatto nell’ultima udienza generale, che «in questi otto anni, abbiamo vissuto con fede momenti bellissimi di luce radiosa nel cammino della Chiesa, assieme a momenti in cui qualche nube si è addensata nel cielo».
Ma l’essenziale non è nella qualità dei momenti, luminosi o grigi. «Abbiamo cercato di servire Cristo e la sua Chiesa con amore profondo e totale, che è l’anima del nostro ministero. Abbiamo donato speranza, quella che ci viene da Cristo, che solo può illuminare il cammino». Non comprende che cos’è la Chiesa chi non intende come tutto venga da Cristo.
Una visione «alta», che non nasconde i problemi. Il Pontefice ha ribadito il suo no alle divisioni e ha chiesto, con una delle sue predilette metafore musicali, «che il Collegio dei Cardinali sia come un’orchestra, dove le diversità – espressione della Chiesa universale – concorrano sempre alla superiore e concorde armonia».
La Chiesa dovrebbe costituire per i cardinali «la ragione e la passione della vita». Ma siamo certi, tutti, di capire che cos’è la Chiesa? Benedetto XVI si è fatto «guidare da un’espressione di Romano Guardini [1885-1968], scritta proprio nell’anno in cui i Padri del Concilio Vaticano II approvavano la Costituzione Lumen Gentium, nel suo ultimo libro, con una dedica personale anche per me; perciò le parole di questo libro mi sono particolarmente care».
Il riferimento a Guardini, e insieme alla Lumen Gentium, è molto significativo. Non è la prima volta che il Papa cita questo pensatore italo-tedesco inviso per diverse ragioni ai progressisti e agli ultra-conservatori, a tutti coloro che rifiutano l’interpretazione del Concilio Vaticano II come «riforma nella continuità» che è il principale legato teologico di Papa Ratzinger e che chiede sia la leale accettazione delle riforme sia la loro interpretazione in continuità con il Magistero precedente.
Non a caso, negli ultimi giorni si è levata a colpire ancora una volta Benedetto XVI la voce sia di chi rifiuta la continuità – come Hans Küng – sia di chi rifiuta le riforme, come la Fraternità San Pio X fondata da monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991). Quest’ultima, ancora negli ultimi giorni, sul suo sito italiano, ha attaccato Papa Ratzinger come «latore di un Papato privato di senso» e addirittura come uomo «senza una chiara percezione della dignità del Papato»: sempre, naturalmente, citando la presunta «demolizione teologica» che il Vaticano II avrebbe attuato e a cui Benedetto XVI avrebbe dato il suo contributo di colpi di piccone.
Ecco dunque Benedetto XVI tornare a Guardini, un teologo così lontano dalle fughe in indietro come dalle fughe in avanti. La Chiesa – nelle parole di Guardini citate da Papa Ratzinger – «non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino…, ma una realtà vivente… Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi… Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo».
La Chiesa nella storia «diviene» e si trasforma come tutti gli organismi viventi: ecco la riforma. Ma nello stesso tempo rimane la stessa: ecco la continuità. E riforma e continuità stanno insieme solo se il cuore della Chiesa è e resta Gesù Cristo.
Lo abbiamo visto, ha detto Benedetto XVI, nella folla dell’ultimo mercoledì in Piazza San Pietro: lì si è potuto davvero «vedere che la Chiesa è un corpo vivo, animato dallo Spirito Santo e vive realmente dalla forza di Dio. Essa è nel mondo, ma non è del mondo: è di Dio, di Cristo, dello Spirito. Lo abbiamo visto ieri. Per questo è vera ed eloquente anche l’altra famosa espressione di Guardini: “La Chiesa si risveglia nelle anime”».
Qui torna l’ammonimento contro chi riduce la Chiesa al piccolo calcolo mondano, e tratta il Conclave come se fosse la scelta di un presidente del Consiglio in Italia. No, la Chiesa è un’altra cosa. «La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime, che – come la Vergine Maria – accolgono la Parola di Dio e la concepiscono per opera dello Spirito Santo; offrono a Dio la propria carne e, proprio nella loro povertà e umiltà, diventano capaci di generare Cristo oggi nel mondo. Attraverso la Chiesa, il Mistero dell’Incarnazione rimane presente per sempre. Cristo continua a camminare attraverso i tempi e tutti i luoghi».
E questo mistero toglie ogni preoccupazione, e permette a Papa Ratzinger di tornare alla sua parola preferita, «gioia», di cui ricorderemo sempre con affetto la pronuncia così tipicamente tedesca. «Questa è la nostra gioia, che nessuno ci può togliere».
E solo così si capisce il pensiero – non «politico» ma soprannaturale – per il Conclave e il prossimo pontificato. «Continuerò ad esservi vicino con la preghiera, specialmente nei prossimi giorni, affinché siate pienamente docili all’azione dello Spirito Santo nell’elezione del nuovo Papa. Che il Signore vi mostri quello che è voluto da Lui. E tra voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana