Per la prima volta in una storia ultracentenaria, da oggi “L’Osservatore Romano” pubblicherà, nel numero dell’ultimo giovedì di ogni mese, un inserto femminile. Quattro pagine interamente a colori, ideate e curate con passione e gentile determinazione da alcune colleghe, per allargare lo sguardo del giornale della Santa Sede a “donne, Chiesa, mondo”.
Così infatti si intitola questa nuova iniziativa, aperta a una realtà fondamentale nella tradizione cristiana e che vuole idealmente allargarsi a cerchie sempre più ampie, con un respiro internazionale e anche al di là dei confini visibili del cattolicesimo mondiale. Grazie pure alla collaborazione di firme non cattoliche.
La ricerca storica sta mostrando quanto l’emancipazione e la promozione delle donne debbano al cristianesimo fin dalle sue origini, nonostante contraddizioni dovute nei secoli soprattutto ai contesti culturali e oggi a persistenti pregiudizi. E se la presenza femminile nella Chiesa è sembrata in alcuni periodi in ombra, non per questo essa è stata meno importante. Nella seconda metà del Novecento poi il riconoscimento di questa componente da parte della Santa Sede si è fatto più deciso, come nel 1963, quando il nuovo protagonismo delle donne nelle società, soprattutto di tradizione cristiana, viene riconosciuto da Giovanni XXIII come uno dei “segni dei tempi”.
Sarà poi Paolo VI nel 1964 a invitare, con una decisione senza precedenti, alcune donne a prendere parte al concilio Vaticano II e, nel 1970, a proclamare dottori della Chiesa due sante come Caterina da Siena e Teresa d’Avila, seguito da Giovanni Paolo II che farà altrettanto con Teresa di Lisieux nel 1997 e da Benedetto XVI, che ha deciso questa solenne definizione per una delle più grandi donne del medioevo, Ildegarda di Bingen. A conferma di una presenza irrinunciabile e preziosa nella Chiesa di Cristo.
L’inserto pone esplicitamente la nuova iniziativa sotto il segno di Maria, la creatura umana più perfetta che davanti al mistero di suo figlio, rivelazione definitiva, “confrontava tutte queste cose nel suo cuore”. Nel vangelo di Luca l’espressione richiama la riflessione che, nella versione greca della Scrittura ebraica, suscitano i sogni di Giuseppe e di Daniele. Ma con l’aggiunta di un verbo, che accentua il protagonismo silenzioso di Maria, che si apre all’unica realtà che conta.
©L’Osservatore Romano 31 maggio 2012