Israele fermi gli insediamenti in Cisgiordania, perché sono discriminatori nei confronti dei palestinesi. E’ quanto si legge in un rapporto pubblicato dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Si tratta della condanna più netta dal 1967, mentre dal 2012 Israele non partecipa alle riunioni del Consiglio Onu perché considerato “di parte”.
Dura la reazione dello Stato ebraico che parla di un pronunciamento che mette in pericolo il processo di pace. Benedetta Capelli ne ha parlato con Eric Salerno, esperto di Medio Oriente del quotidiano Il Messaggero:
R. – È una condanna molto dettagliata che soprattutto propone, suggerisce e chiede agli Stati aderenti alla Convenzione di Ginevra di applicare sanzioni politiche ed economiche nei confronti di Israele se non smette di costruire nei Territori e se non chiude – insiste anche su questo – tutti gli insediamenti. Parla anche della possibilità di portare la questione davanti alla Corte internazionale di giustizia, in quanto la questione della colonizzazione del territorio palestinese occupato rientra nelle questioni legate ai crimini contro l’umanità.
D. – Quali conseguenze si potranno prospettare? Ci saranno dei Paesi che cavalcheranno quest’onda?
R. – Sicuramente qualche Paese deciderà di sottolineare questo aspetto, e forse comincerà ad introdurre sanzioni nei confronti di Israele. Ovviamente questo non succederà subito con i Paesi europei e neanche con gli Stati Uniti. Dall’Europa dovrà venir fuori una politica, un’idea più comune, e per questo ci vorrà molto tempo; non credo che succederà come conseguenza di questa condanna che avrà sicuramente effetti sull’atteggiamento della comunità internazionale nei confronti di Israele.
D. – Israele dice che questo rapporto sostanzialmente mina gli sforzi per la pace…
R. – È la tradizionale risposta degli israeliani che affermano che gli insediamenti non c’entrano con l’idea di come fare la pace con i palestinesi. Questa è la linea di Netanyahu, il premier israeliano – è quello che lui dice da quattro anni, da quando è diventato premier – ed è quello che ha bloccato i negoziati, perché i palestinesi dicono che la cosa importante è fermare gli insediamenti prima di continuare i negoziati. Negli ultimi quattro anni, gli insediamenti sono cresciuti moltissimo e lo spazio per creare uno Stato palestinese indipendente accanto ad Israele si restringe sempre di più.
D. – A livello di politica israeliana, questo rapporto quanto può incidere in un momento di estrema incertezza della politica dopo le elezioni legislative?
R. – Questo rapporto si aggiunge al clima di isolamento in cui vivono gli israeliani e la stessa politica israeliana. Il nuovo vincitore delle elezioni, Lapid – che proviene da un partito di centro-sinistra, ma che potrebbe anche essere definito di centro–destra – sta negoziando con Netanyahu per entrare nel governo. Lui sostiene che la prima cosa che deve essere fatta è il blocco degli insediamenti e la ripresa dei negoziati per i quali vorrebbe avere anche una data. Perciò potrebbe succedere qualcosa in Israele, a prescindere dalle dichiarazioni delle Nazioni Unite e degli stessi palestinesi.
Fonte: Radio Vaticana