Tra qualche giorno celebreremo la solennità dell’Immacolata concezione. Leggiamo nel Catechismo che “La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale” (n. 491).
Per arrivare a questo dogma, che è una verità di fede alla cui adesione il cristiano è tenuto in modo irrevocabile, sono occorsi secoli di dispute tra Santi, papi e teologi, finché la Madre del Signore, apparendo a S. Caterina Labouré nel 1830, nel mostrarle come voleva che fosse coniata la Medaglia – chiamata poi miracolosa per le grazie che ricevevano coloro che la portavano – le fece vedere sul retro la scritta O Maria concepita senza peccato pregate per noi che ricorriamo a voi. Nel 1854 papa Pio IX con la Costituzione apostolica “Ineffabilis Deus” proclamò solennemente il dogma dell’immacolata concezione della Madre di Dio ma, ciononostante, alcuni teologi continuarono le contestazioni finché la Madonna quattro anni dopo pose fine alle dispute apparendo a Bernadette Soubirous nello sperduto villaggio di Lourdes e confermando così, definitivamente, la verità del pronunciamento magisteriale.
La ragione, poi, per cui comparve ad una povera fanciulla di quello che, ai tempi, era uno sconosciuto Paese, come abbiamo visto l’anno passato, fa parte della storia della nostra Chiesa. (cfr. qui)
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vissuto nel ‘700 e quindi un secolo prima della proclamazione del dogma, nell’introduzione al suo trattato Le glorie di Maria fa cenno alla festività dell’Immacolata Concezione e aggiunge: “Dice S. Anselmo ch’essendo stato fatto l’utero sacrosanto di Maria la via a salvare i peccatori, non può non accadere che alle prediche di Maria i peccatori non si convertano e si salvino. E s’è vera la sentenza che tutte le grazie sol per mano di Maria si dispensano, e che tutti quei che si salvano, non si salvano che per mezzo di questa divina Madre, per necessaria conseguenza può dirsi che dal predicar Maria e la confidenza nella sua intercessione, dipende la salute di tutti.”
Nel quinto libro della sua operetta, come lo definisce, spiega ancor meglio il legame tra il ricorso a Maria Vergine e la salvezza della propria anima affermando: “Allorché noi preghiamo la S. Vergine ad ottenerci le grazie, non è che noi diffidiamo della divina misericordia, ma è che diffidiamo della nostra indegnità e ci raccomandiamo a Maria, affinché la sua dignità supplisca la nostra miseria. Che il ricorrere dunque all’intercessione di Maria sia cosa utilissima e santa, non può dubitarsi se non da coloro che mancano nella fede”
A dimostrazione che quanto di bene noi riceviamo dal Signore tutto ci viene per mezzo di Maria, Sant’Alfonso cita molti Santi che hanno proclamato la necessità di rivolgersi alla Madre per ottenere grazie dal Figlio, e dichiara che questa è la volontà del Signore al fine di esaltare questa gran creatura, la quale più di tutte le altre l’ha onorato ed amato in vita e, avendola eletta Madre del suo Figlio e comun Redentore, Dio vuole che tutte le grazie vengano concesse attraverso di lei.
Perciò spiega: “Noi ben confessiamo che Gesù Cristo è l’unico mediatore di giustizia e che coi suoi meriti ci ottiene le grazie e la salute; ma diciamo anche che Maria è mediatrice di grazia, e che sebbene quanto ella ottiene l’ottiene per i meriti di Gesù Cristo, perché prega e lo domanda in nome di Gesù Cristo, tuttavia quante grazie noi cerchiamo, tutte le otteniamo per mezzo della sua intercessione.”
In ciò non vi è certamente niente di contrario ai sacri dogmi; anzi tutto è conforme ai sentimenti della Chiesa, che nelle solite orazioni da lei approvate c’insegna a ricorrere continuamente a questa divina Madre, e ad invocarla come Salus infirmorum, refugium peccatorum, auxilium Christianorum, vita, spes nostra. La stessa santa Chiesa nell’Officio che impone a recitarsi nelle festività di Maria, applicando a lei le parole della Sapienza, ci dà ad intendere che in Maria troveremo ogni speranza”.
Sant’Alfonso accenna all’utero sacrosanto di Maria, primo tabernacolo di Gesù, reso dal Signore via per salvare i peccatori, conviene perciò dedurre che se la S. Vergine fu esentata dal peccato originale per generare il Salvatore fu anche esentata dalla maledizione di Eva, a cui dopo il peccato originale Dio disse: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà.” (Gn 3,16)
Perciò certe rappresentazioni blasfeme, che mostrano una donna che si contorce per i dolori del parto e che ogni Natale ci vengono riproposte come tributo alla nascita di Gesù, sono da rigettare come false ed eretiche, perché offendono la Madre del Figlio divino e la Verità della nostra fede.
Altrettanto eretica è l’affermazione che nel concepimento la Madre dette il corpo al Figlio e lo Spirito Santo l’anima, perché le due nature di Gesù, quella umana e quella divina, ipostaticamente unite (cioè in modo sostanziale), non hanno avuto origine dalla sola Vergine Maria, nel cui grembo Egli si è incarnato mantenendole entrambe, come stabilirono irrefutabilmente i concili di Efeso e di Calcedonia.
La fede c’insegna poi che Maria Santissima rimase vergine prima, durante e dopo il parto: ma come avvenne ciò? Molti mistici ne hanno avuto visione e tutti sono stati concordi nei loro racconti. Tra questi la Beata Anna Katharina Emmerick (1774-1824) come leggiamo nel suo libro sulla vita della Madonna:
«Vidi che un insolito movimento regnava nella natura, negli uomini e in molti luoghi del mondo. Ed ecco che la Santa Vergine annunciò al suo sposo che a mezzanotte si sarebbero compiuti i nove mesi dal momento in cui fu concepito il Santo Figlio e l’Angelo l’aveva salutata Madre di Dio.»
Siccome il momento del prodigioso evento si avvicinava, disse quindi a san Giuseppe che era ormai prossimo e che desiderava rimanere sola, perciò lo pregò di rinchiudersi nella propria cella (egli aveva diviso lo spazio interno con pali e stuoie, n.d.r).
«Il sant’uomo fu avvolto da una luce celeste soprannaturale. Vide la Madonna genuflessa e aureolata di raggi luminosi, pregava in ginocchio sul suo giaciglio. La caverna era interamente illuminata da questa luce intensa. Giuseppe contemplò la scena come Mosè aveva fatto col roveto ardente; poi, entrato con santo timore nella sua cella, si gettò proteso sul terreno e si immerse nella preghiera più devota.
Lo splendore che irradiava la Santa Vergine diveniva sempre più fulgido tanto da annullare il chiarore delle lampade accese da Giuseppe. Teneva il viso volto ad oriente, un’ampia tunica candida priva di ogni legame cadeva in larghe pieghe intorno al suo corpo. Alla dodicesima ora fu rapita dall’estasi della preghiera, teneva le mani incrociate sul petto. Vidi allora il suo corpo elevarsi dal suolo.
Frattanto la grotta si illuminava sempre più, fino a che la Beata Vergine fu avvolta tutta, con tutte le cose, in uno splendore d’infinita magnificenza. Questa scena irradiava tanta Grazia Divina che non sono in grado di descriverla.
Vidi Maria Santissima assorta nel rapimento per qualche tempo, poi la vidi ricoprire attentamente con un panno una piccola figura uscita dallo splendore radioso, senza toccarla, né sollevarla. Dopo un certo tempo vidi il Bambinello muoversi e lo udii piangere. Maria Santissima, sempre Vergine, alzatolo dalla stuoia, lo strinse al petto e lo nutrì col suo santo latte. Un’ora circa dopo il parto chiamò Giuseppe, egli prese tra le braccia il Bambino che la Madonna gli porgeva e lodò il Signore con lacrime di gioia.» (Anna Caterina Emmerick, La vita della Madonna, ed. Ancilla)
Più in breve, Santa Faustina Kowalska nel suo Diario riferisce della “Capanna di Betlemme inondata da tanta luce”.
«Mentre era assorta in preghiera, io – è Santa Brigida di Svezia (XIV sec.) che parla – vidi il Bambino muoversi nel suo grembo, e nello stesso momento, no, proprio in un istante, suo Figlio era nato e da lui scaturiva un tale indicibile sfolgorio, che il sole non poteva reggere il confronto. (…)
E questa nascita fu così rapida ed istantanea, che io non potei osservare e discernere come e da quale parte del corpo della Vergine il Bambino era nato. Tuttavia vidi subito il Bambino nudo e splendente, che giaceva a terra. Il suo corpo era pulito e libero da ogni impurità”. Nello stesso istante la santa udì “un soave canto angelico di grande bellezza» .
E aggiunge: “Quando comprese di aver partorito, ella adorò il Bambino con gran cortesia e riverenza, con la testa china e le mani unite e disse: «Sii benvenuto, mio Dio, Mio Signore, mio Figlio». Allora il Bambino cominciò a piangere e tremare per il freddo e la durezza del terreno su cui giaceva, si voltò lentamente, distese le membra e cercò la protezione della Madre…».
Anche don Dolindo Ruotolo, icui scritti S. Pio da Pietralcina dichiarò che erano ispirati dal Cielo, nel commento al Vangelo di Luca (2, 8-20) scrive:
«Venne la notte. Era algida ma serena e brillavano gli astri nel cielo. Un silenzio grande circondava quel luogo e una solennità più grande vi regnava, perché l’invisibile corte celeste già veniva in terra a corteggiare il Re divino e rifulgeva nella sua placida luce spirituale, fatta tutta di conoscenza e di amore. … Maria era tutto un fulgore di contemplazione e di estasi. … Era tutta avvolta dalla luce dell’eterna armonia ed era tutta un’armonia d’amore. …
L’Amore eterno che l’aveva fecondata la illuminava tutta ed Ella, a poco a poco, si transumanava. Sembrava tutta luce e, come un ferro incandescente nel fuoco, brillava, perché traspariva da Lei il Verbo Incarnato. Il suo corpo immacolato era come sparito, sembrava trasparente, anzi, evanescente nella luce del Verbo. L’eterna vita affiorava dalla piccola creatura umana e la passava come raggio che attraversa un cristallo.
Prodigio di Dio! Le madri sentono dolori immani quando un figlio viene alla luce e sentono quasi strapparsi la vita dalla piccola vita che irrompe nel mondo; Maria, invece, sentiva una gioia immensa a misura che il momento della sua maternità si avanzava. … Fu un momento sublime: tratta a Dio, si sentì tutta immersa nella conoscenza dell’infinita sua grandezza, la contemplò amandola e volle applaudirla con una lode proporzionata, che avrebbe voluto trarre dal pieno olocausto di se stessa.
Le tornò sulle labbra il suo cantico: Magnificat anima mea Dominum e, nell’elevarlo dinanzi a Dio con tutto l’impeto del suo amore, non eruppe dal suo Cuore una parola ma il Verbo, la Lode eterna del Padre, e si adagiò sul terreno come un raggio di luce, lodando il Padre nell’umana carne. Era l’Umiliato per amore, e vagì.
Il Verbo eterno aveva una voce d’immolazione e penava. Non era avvolto dall’eterna Fiamma che lo congiungeva al Padre, ma l’avvolgeva l’atmosfera gelata della notte, e tremava. Non aveva trovato altro sulla terra. L’amore materno ritrasse Maria dall’estasi celeste e, scossa dai vagiti del Figlio divino, lo guardò: era perfettissimo, roseo come un bocciolo spuntato nell’inverno, soffuso di bontà, divino, santificante, inondante gioia.
Lo adorò, lo prese, lo baciò, lo strinse al Cuore, lo avvolse in pannicelli mondi, nell’avvolgerlo si sentì tutta inondata di tenerezza e lo ripose in una mangiatoia, perché non aveva altra culla per il Re del cielo. … Il piccolino si addormentò. Ahimè, era troppo triste la terra senza la luce di Dio, ed Egli era la vittima dei peccati di tutti. …
San Giuseppe, poco lontano, era stato tutto immerso in una profondissima umiltà. … Non osò avvicinarsi. Sentiva troppo la grandezza della Madre e la divinità del Figlio. Maria gli fece cenno e lo avvicinò a Gesù, Mediatrice d’amore e di misericordia, per la prima volta, tra Gesù e una creatura.
Sembrò una festa tra le sfere celesti che avevano segnato il primo momento della vita temporale dell’Eterno. … Dormivano gli uomini, è vero, ed erano immersi in un torpore di morte, perché ingrati; ma, nel compimento della divina promessa, fremettero di gioia i Patriarchi e i Profeti, e su di essi passò un soffio d’immortale speranza per la prossima liberazione.
Il coro del creato era come nota sommessa che accompagnava le note d’un cantico più bello d’amore, erompente dal Cuore di Maria e di san Giuseppe: Magnificat anima mea Dominum.» (da “I quattro Vangeli. Meditazione commentata dal Sac. Don Dolindo Ruotolo”. Casa Mariana Editrice)
Paola de Lillo