A volte ritorna, ahimè. Ma non è il titolo di un film, quanto piuttosto la sorpresa per la notizia apparsa ieri secondo cui la Corte di Giustizia europea ha ammesso un ricorso tutto “italiano” contro un presunto privilegio che lo Stato avrebbe concesso agli Enti ecclesiastici negli ultimi anni: lo avete capito, è l’esenzione dall’Ici-Imu.
Infatti due esponenti del partito radicale hanno ottenuto la discussione nel merito del loro ricorso contro la Commissione Ue che aveva consentito all’Italia di non pretendere il rimborso dell’Ici dagli enti non profit.
Difficile, se non impossibile, predire cosa succederà e con quali tempi. Proviamo a immaginare qualche scenario, non prima però di ripercorrere sinteticamente lo stato dell’arte.
L’esenzione dall’Ici era in vigore fino al 2012 per tutti gli enti con “attività assistenziali, previdenziali, educative, ricettive, culturali e ricreative” prescindendo dalle modalità con le quali venivano svolte.
Questa disciplina cosiddetta “di favore” aveva portato all’apertura di una procedura di infrazione presso Bruxelles costringendo l’Italia a mettere mano a tale normativa.
Il problema è proseguito per diversi anni in mezzo a mille incertezze legislative ed interpretative, senza mai essere risolto in modo chiaro: vittima anche di pregiudizi ideologici e politici e come tali fuori dalla realtà dei fatti.
Realtà che era, già allora, di facile lettura: migliaia di enti non profit svolgevano un servizio pubblico tale e quale a quello svolto dallo Stato.
Così il governo Monti nel 2012, modificando l’originaria idea di Imu, e sotto le pressioni della Commissione Europea, decise di estendere il pagamento dell’Imu a tutte quelle realtà, anche non lucrative, che avessero svolto quelle attività in modo “commerciale”.
A maggio 2013 il ministero dell’Economia varò poi una famosa circolare che, secondo i ricorrenti, avrebbe allargato un po’ troppo le maglie dell’Imu prevedendo maggiori casi di esenzione (valida anche per i beni immobili dati in comodato d’uso ad un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività “meritevoli”).