Fuori dagli ambienti francescani in pochi conoscono la lettera di San Francesco ai reggitori dei popoli, il cui approccio etico-politico e socio-economico francescano appare ancor oggi attuale. Ecco il testo:
“A tutti i potestà e consoli, magistrati e reggitori ovunque, e a tutti coloro a cui giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e disprezzato, augura salute e pace.
Ricordate e pensate che il giorno della morte si avvicina. Vi supplico allora, con rispetto per quanto posso, di non dimenticare il Signore, presi come siete dalle cure e dalle preoccupazioni del mondo.
Obbedite ai suoi comandamenti, poiché tutti quelli che dimenticano il Signore e si allontanano dalle sue leggi sono maledetti e saranno dimenticati da Lui.
E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di avere saranno loro tolte. E quanto più saranno sapienti e potenti in questo mondo, tanto più dovranno patire le pene dell’inferno.
Perciò vi consiglio, signori miei, di mettere da parte ogni cura e preoccupazione e di ricevere devotamente la comunione del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo in sua santa memoria.
E dovete dare al Signore tanto onore fra il popolo a voi affidato, che ogni sera un banditore proclami o altro segno annunci che siano rese lodi e grazie all’Onnipotente Signore Iddio da tutto il popolo. E se non farete questo, sappiate che voi dovete rendere ragione al Signore Dio vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio. Coloro che porteranno con sé questa lettera e la osserveranno, sappiano che sono benedetti dal Signore.
Il Signore vi benedica e vi custodisca. Mostri a voi il suo Volto e abbia misericordia di voi. Volga a voi il Suo sguardo e vi dia pace. Il Signore vi benedica” (Fonti Francescane nn. 210-213).
Il messaggio incomincia con una raccomandazione che San Francesco rivolge “ai reggitori dei popoli”, in cui li invita a riconciliarsi con la morte. Francesco rimarca il fatto che la consapevolezza di non essere eterni aiuta a cambiare il cuore, ad essere persone umane, avvia il percorso di accettazione dei nostri limiti e di quelli altrui.
Ricordarsi che la vita è breve aiuta a capire ciò per cui vale la pena di essere vissuto, amato, goduto e cosa invece è superfluo, vanità o inutile. Ricordarsi della morte ci aiuta a riportare il tutto nel giusto equilibrio, così il potere separato dalla riflessione sul grande invalicabile limite di “sorella morte” diventa illusione, delirio e negazione della realtà.
È il sedativo contro la paura della solitudine, del limite, della vulnerabilità e dell’impotenza. Il potere infatti è forte e fragile, può essere usato per la felicità e l’infelicità, può costruire, distruggere e autodistruggere.
San Francesco invita a ricordare che al di sopra di tutto vi è Dio e che i reggitori dei popoli sono dei suoi semplici rappresentanti, chiamati a realizzare il bene comune. L’esperienza insegna che quando i reggitori dei popoli nel governare si sono dimenticati di Dio e dei suoi comandamenti, hanno visto precipitare nell’abisso i popoli affidati alle loro cure.
Per questo esorta i governanti a promuovere nel popolo la cura di amare il Creatore, perché ciò significa promuovere anche l’osservanza del diritto dei governanti al rispetto, alla stima e all’amore, a suscitare la pace, la giustizia, la fratellanza e l’amore.
È in Dio che gli uomini si sentono fratelli, quando non credono più in Dio diventano belve feroci.
San Francesco con la sua lettera ci riporta alla realtà, ora il potere non è una divinità a cui vale la pena sacrificare le nostre vite, ci ricorda che questo va restituito.
È un prestito che non è nella nostra disponibilità, ci viene affidato da Dio per piantare semi di futuro e di speranza e qualora l’uomo lo utilizzerebbe contro gli altri, è la vita che ci presenterà poi il conto.