All’inizio di giugno è iniziato in Commissione Giustizia della Camera l’esame della proposta di legge, primo firmatario l’on. Ivan Scalfarotto, del PD, «per il contrasto dell’omofobia e della transfobia». Attesa l’importanza della cosa, è urgente manifestare con chiarezza le gravi perplessità che sconsigliano l’approvazione della legge.
Il nocciolo della proposta, che reca aggiunte alla legge n. 205/1993 (destinata a contrastare la violenza discriminatoria motivata da odio etnico, nazionale, razziale o religioso), sta nella punizione, con la reclusione fino a 1 anno e 6 mesi, oltre di chi incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, altresì di chi incita a commettere o commette atti di discriminazione motivati dall’identità sessuale della vittima.
La portata della norma è difficilmente percepibile da chi non sia esperto di cose giuridiche. Per esemplificarne il senso va detto che, alla stregua di tale proposta, potrebbero essere sottoposti a processo, in quanto incitanti a commettere atti di discriminazione per motivi di identità sessuale, tutti coloro che sollecitassero i parlamentari della Repubblica a non introdurre nella legislazione il “matrimonio” gay e, ancor più, tutti coloro che proponessero di escludere la facoltà di adottare un bambino a coppie omosessuali.
Invero, secondo l’ideologia appena accolta dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, non ammettere una coppia gay al matrimonio costituirebbe discriminazione motivata dall’identità sessuale. Una campagna di opinione organizzata affinché i parlamentari si opponessero al “matrimonio” gay, costituirebbe, pertanto, incitamento a commettere atti di discriminazione penalmente punibili.
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