Mercoledì si è ucciso uno studente del Liceo Cavour di Roma, A. La Procura di Roma ha avviato un’inchiesta sul suicidio, ma al momento non ci sono indagati o ipotesi di reato. Secondo le ricostruzioni che appaiono oggi sui quotidiani, il quindicenne si sarebbe tolto la vita perché ferito dai compagni che lo prendevano in giro per la sua omosessualità. Ieri sia su internet sia sulle agenzie di stampa, c’è stato un profluvio di commenti contro l’omofobia.
La deputata del Pd Paola Concia è accorsa alla scuola per parlare con gli studenti. Una fiaccolata organizzata dalle associazioni Lgtb ha sfilato per le vie di Roma. Sul quotidiano Repubblica oggi in edicola appare un commento della scrittrice Michela Marzano (“Morire per un pregiudizio”) in cui si chiede una legge contro «l’omofobia e la transfobia che permetta di dire in modo chiaro da che parte deve stare la vergogna». Tempi.it ha parlato con alcuni studenti della scuola di A., che ci hanno raccontato una storia diversa da quella narrata dai quotidiani e più vicina a quanto, in realtà, già ieri era emerso da una dichiarazione della preside dell’istituto e da due lettere, una firmata dai compagni di A. e una seconda che porta la firma di “alcuni genitori, insegnanti e compagni di classe” del ragazzo.
LE PAROLE DELLA PRESIDE. ”Il silenzio è il nostro dolore”. È lo striscione esposto davanti al liceo Cavour di Roma dagli studenti e compagni di classe del ragazzo di 15 anni morto suicida nella Capitale. La preside dell’istituto, Tecla Sannino, ha anche parlato di “vicenda privata” in merito all’alunno, sostenendo che «è stata solo oggetto di strumentalizzazioni» e ritenendo «inopportune le reazioni da parte di alcune associazioni culturali, come la fiaccolata in difesa dei gay oggetto di violenze organizzata dal Circolo Mario Mieli».
«Tutta la comunità scolastica – ha proseguito Sannino – ricorda con affetto, amicizia e stima il proprio alunno e compagno scomparso e partecipa commossa al dolore della famiglia del ragazzo». In merito ai messaggi degli amici dello studente su Facebook, la preside non ha voluto fare alcun commento. (ANSA)
LA PRIMA LETTERA. Lettera dei compagni di classe. Ai direttori dei giornali. Scriviamo questa lettera di formale protesta per smentire ciò che è stato pubblicato nell’edizione dei quotidiani nel giorno 22/11/2012 riguardo al suicidio di un nostro compagno di classe. Noi, gli amici, abbiamo sempre rispettato e stimato la personalità e l’originalità che erano il suo punto di forza. Non era omosessuale, tanto meno dichiarato, innamorato di una ragazza dall’inizio del liceo.
Lo smalto e i vestiti rosa, di cui andava fiero, erano il suo modo di esprimersi. La pagina facebook, dove erano pubblicate citazioni di A., era stata creata per incorniciare momenti felici perché A. era così: portava il sorriso ovunque andasse; peraltro “la pagina aperta contro di lui da chi lo aveva preso di mira” (citazione dal Messaggero) è un’accusa non fondata. I professori hanno sempre rispettato il proprio ruolo e non hanno mai espresso giudizi sulla sua persona.
Il Cavour non è mai stato un liceo omofobo in quanto fino a quando i fondi sono stati sufficienti, alcune classi hanno preso parte ad un progetto sulla sessualità organizzato dalla ASL e approvato dal collegio docenti. Inoltre non si sono verificati episodi manifesti di bullismo nell’istituto negli ultimi anni. Esprimiamo rammarico per la diffusione di notizie false e desideriamo che non si speculi sul nostro dolore.
SECONDA LETTERA. Lettera di insegnanti, genitori e compagni di classe. Noi insegnanti, amici, compagni di classe e genitori che hanno conosciuto e voluto bene ad A., vogliamo dire che, all’irreparabile dolore per la sua morte tragica, si unisce un ulteriore motivo di sofferenza, legato al modo in cui la tragedia viene ricostruita, stravolgendo l’immagine di A. A. era un ragazzo molto più complesso e sfaccettato del profilo che ne viene dipinto: era ironico e autoironico, quindi capace di dare le giuste dimensioni anche alle prese in giro alle quali lo esponeva il suo carattere estroso e originale (e anche il suo gusto per il paradosso e il travestimento, che nelle ricostruzioni giornalistiche è stato confuso con una inesistente omosessualità); era curioso e comunicativo, pieno di vita e creativo, apprezzato a scuola dagli insegnanti; soprattutto era molto amato da tantissimi amici e compagni.
Probabilmente nascondeva dietro un’immagine allegra e scanzonata una sofferenza complicata e un profondo e non banale “male di vivere”. Per questo crediamo che il modo migliore e più rispettoso per ricordarlo e continuare a volergli bene sia quello di lasciare la sua morte al silenzio, alla riflessione e all’affetto di chi gli è stato vicino. Firmato Alcuni insegnanti, genitori e compagni di classe.
Fonte: Tempi.it