L’uomo sarà felice solo quando avrà finalmente ucciso quel cristianesimo che gli impedisce di essere uomo. Ma non sarà attraverso una persecuzione che si ucciderà il cristianesimo, ché semmai la persecuzione lo alimenta e lo rafforza. Sarà attraverso l’irreversibile trasformazione interna del cristianesimo in umanesimo ateo con l’aiuto degli stessi cristiani, guidati da un concetto di carità che nulla avrà a che fare con il Vangelo (Ludwig Feuerbach, L’essenza del cristianesimo).
Il programma non poteva essere più netto né più esplicito; altrettanto chiaro ed evidente è il fatto che, nella Chiesa attuale, la sua realizzazione è decisamente a buon punto.
Una delle fondamentali direttrici di azione è stata quella che lo stesso Feuerbach, riconosciuto quale capo indiscusso della sinistra hegeliana, aveva preconizzato: la dissoluzione della teologia in antropologia, il cui merito principale va ascritto, non a caso, ai gesuiti.
Un’altra direttrice importante è stata la demolizione e demonizzazione della morale: la rivoluzione sessantottina, pervertendo radicalmente i costumi, ha trasformato la maggioranza dei cattolici in atei professi (quelli che hanno pubblicamente rinnegato la fede) o meramente pratici (quelli che continuano a considerarsi membri della Chiesa pur vivendo in modo totalmente contrario al suo insegnamento).
Se il Magistero recente, almeno in via teorica, era riuscito a tenere in piedi ancora qualcosa, in questi ultimi cinque anni si è provveduto con sorprendente accanimento a spazzare via quel poco che rimaneva.
Non siamo certo così ingenui da pensare che l’inizio della crisi risalga soltanto al 2013. Già prima, nonostante l’insistenza degli ultimi papi sui principi non negoziabili, la “pastorale sul campo” seguiva tranquillamente vie proprie, sommamente indifferenti alle indicazioni magisteriali, se non in palese contraddizione con esse.
Lo stridente contrasto – qualora un marziano si azzardasse ad abbordare la questione – veniva olimpicamente sanato con l’uso di qualche formula magica quale discernimento individuale, adattamento pastorale, analisi sociale… ma normalmente, in assenza di importuni legalisti, era semplicemente occultato con una sfacciata dissimulazione che permetteva a un prete, ad un tempo, di osannare il papa agli oceanici raduni e di farsi gli affari suoi in parrocchia.
Le ultime generazioni di sacerdoti – compresa la mia – sono state (de)formate in modo tale da poter vivere serenamente scisse su due piani diversi: quello delle parole e quello della realtà, quello delle idee e quello della condotta.
Ad alcuni, tuttavia, è toccata l’inestimabile grazia di aprire gli occhi sull’immenso inganno che da cinquant’anni perverte e sovverte la Chiesa Cattolica.
Una coscienza non ancora del tutto soffocata, infatti, provocava in loro un inspiegabile disagio dovuto a un’insopprimibile discrasia o, per dirla in termini più scientifici, a una terribile dissonanza cognitiva: nonostante i pesanti strati di artificiali razionalizzazioni introiettate durante i lunghi anni di indottrinamento seminaristico, la vocina dello Spirito (Santo) continuava, seppur flebile, a farsi percepire, mostrando senza equivoci la bizzarra incongruenza tra quanto imparato – nonché creduto – e quel che si vedeva fare o si era obbligati a fare.
La presa di coscienza della truffa, a un certo punto, si è rivelata l’unica via per evitare gravi disturbi mentali; la sola alternativa disponibile era un corso per arrampicatori su vetro o per acrobati della sofistica, ma non tutti sono portati per il circo o per le discipline estreme…
Certo, questi rovelli di coscienza non sfiorano nemmeno chi ha accettato di lasciarsi plasmare come un gaudente agghindato alla moda, habitué di tutti i locali di tendenza, attrezzatissimo di supporti informatici e aggiornatissimo di sport e gossip, sempre in giro da una festa all’altra e in viaggio ogni volta che può…
Affascinante intrattenitore e organizzatore senza pari, per carità, coi ragazzi ci sa fare (a volte ben oltre gli obblighi contrattuali), è molto aperto e accogliente con quelli che un tempo eran detti “lontani” o “irregolari”, è in prima linea sul fronte delle emergenze sociali e delle periferie esistenziali, dell’ecumenismo e del dialogo tra religioni; in una parola, è il prodotto finito del sistema che serve perfettamente al sistema stesso, ossia a quella neochiesa, di fatto atea, che da dieci lustri promuove il nuovo umanesimo – proprio quello di Feuerbach! Ecco a voi la grande sorpresa dello spirito (quell’altro)… pazienza, se è vecchia di quasi due secoli.
Fin dagli anni Cinquanta la massoneria, con i soldi di Rockefeller e soci giudei, aveva progettato di demolire la disciplina del clero per mezzo della diffusione di idee perverse; una volta crollato il livello morale dei preti e, con effetto a cascata, anche quello dei fedeli, sarebbe stato giocoforza aggiornare la dottrina alle nuove situazioni… senza certo modificarla, beninteso: era solo questione di adattamento al mutato contesto socio-culturale.
A tale scopo, evidentemente, era indispensabile eliminare l’ultimo, poderoso ostacolo sulla via della “riforma”: la Messa – e, in generale, un rito che facesse ancora pensare a Dio, che riconducesse l’essere umano alla sua indegnità e finitezza, che stigmatizzasse già da sé, anche senza parole, la ridicola pretesa dell’uomo moderno di affrancarsi da qualsiasi dipendenza per farsi unico artefice del proprio destino, salvatore di se stesso e costruttore di un paradiso in terra.
Ecco allora la terza grande direttrice di azione del programma eversivo: trasformare la liturgia cattolica da culto di Dio in culto dell’uomo.
Ma il Signore non può abbandonare la Sua Sposa, per quanto infedele. Egli ha suscitato prima un movimento che permettesse alla vera Messa di sopravvivere, poi un papa che le ridesse pieni diritti, annullando l’illegittima proibizione servita a imporre un rito inventato a tavolino per compiacere protestanti, comunisti e massoni.
Se oggi la celebrazione della Messa di sempre fa tanta paura e si tenta di rinchiuderla in “riserve indiane” da cui non possa propagarsi, la ragione, a questo punto, è chiara quanto basta: non solo essa è un potentissimo baluardo contro le potenze delle tenebre, ma è pure il principale antidoto contro la trasformazione del cristianesimo in umanesimo ateo.
La piena realizzazione del programma ad opera del vescovo vestito di bianco esige che l’uso di tale antidoto sia limitato il più possibile, fino – magari – a sopprimerlo completamente con infide manovre di accordo o commissariamento.
Oggi, anzi, si teme proprio che la Messa antica coaguli la resistenza alla nefasta azione del suddetto, resistenza che non si restringe certo agli ambienti tradizionalisti, ma si allarga a macchia d’olio.
È per tal motivo, evidentemente, che dir Messa è diventato un crimine peggiore che sverginare fanciulli: questo si può perdonare, l’altro no.
«Che non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio» (At 5, 39): ecco l’avvertimento che va rivolto a quanti, magari in buona fede a causa delle idee loro inculcate, si oppongono oggi alle vere sorprese dello Spirito Santo.
Sono sempre di più i sacerdoti e i fedeli che, cercando di tornare a un vero cristianesimo, riscoprono la Tradizione, fra cui moltissimi giovani convertiti e quasi tutte le vocazioni genuine.
Non si può fermare l’onda dell’autentico rinnovamento ecclesiale, sospinta dal soffio del Paraclito, né a colpi di divieti illegali cui non si è tenuti a obbedire né con mazzate furiose per chiunque non la pensi come il capo, dispensate magari col pretesto di esortazioni a una “santità” basata su un concetto di carità che nulla ha a che fare con il Vangelo.
Cogliamo l’occasione per far pervenire a lui e ai suoi collaboratori una breve comunicazione: come egli, per ragioni di igiene mentale, evita di visitare i siti critici nei suoi confronti, così noi, con la medesima motivazione, ci asteniamo dal leggere ciò che pubblica limitandoci a coglierne l’eco da chi si dà la pena di farlo, giusto per prendere il polso del suo umanesimo ateo.
Ꝟ. Introibo ad altare Dei.
℞. Ad Deum qui lætificat juventutem meam.