Gli anni della “solidarietà nazionale”, dei Governi Andreotti, dell’assassinio di Aldo Moro, dell’alleanza DC-PC, della barbarie terrorista, dei servizi deviati e della Loggia Massonica P2, sono stati i più inquietanti della storia dell’Italia repubblicana. Una visione della politica estranea alla cultura della democrazia occidentale, che ha come connotato essenziale la formazione di una maggioranza che governa e di una minoranza che svolge il ruolo dell’opposizione, produsse le basi per l’aumento forsennato del debito e l’ipoteca sulla vita di un’intera generazione, oltre a determinare il cancro del consociativismo che ha permeato la cronaca politica degli ultimi decenni.
Oggi, sotto le spoglie della “grande coalizione”, sono molti coloro che vorrebbero rieditare quell’esperienza. Tutti insieme – questo sarebbe l’obiettivo – per affrontare l’emergenza che deriva dalla crisi economica. A lanciare l’“opa” è stato Pierferdinando Casini, che ambisce ad essere oltre che il tessitore del “grande centro”, il candidato della “grande coalizione” alla Presidenza della Repubblica e lancia l’idea di un preambolo pre-elettorale firmato da Pdl, Pd e Udc, per sostenere la politica di rigore e di “scrostamento degli interessi corporativi” portata avanti dall’attuale Governo. Inutile chiedersi dov’era Casini quando quegli interessi corporativi sono stati alimentati e sostenuti.
Il passaggio alla fase della “grande coalizione” conoscerebbe i suoi prodromi nell’approvazione di una nuova legge elettorale e dall’indicazione di una figura che possa coagulare attorno a sé il consenso. Il primo punto, sembra già sia stato risolto. Non se ne conoscono ancora i dettagli – ancora secretati nella “stanza dei bottoni” ‒ ma è probabile, considerate le premesse, che l’accordo porti alla luce una legge ancora più iniqua di quella attuale. Il secondo punto, già è stato acquisito. È Mario Monti, il premier della “grande coalizione”. E chi altri, se no? L’unica variabile potrebbe essere costituita dalle aspirazioni dello stesso Monti sulla Presidenza della Repubblica. Legittime, considerato l’alone di santità che lo circonda.
Al meeting di Rimini di CL, il Presidente del Consiglio ha dichiarato: «È straordinario ciò che è successo quest’anno. Vedo quotidianamente il miracolo di tre partiti che fino a poco tempo fa si combattevano, ma invece hanno avuto un soprassalto di responsabilità. Questo è un motivo di speranza». Hanno condiviso la speranza di Monti, Giorgio Vittadini, il capo della Compagnia delle opere ‒ che ha affermato: «Se dopo il voto non ci sarà un accordo tra tutte le forze politiche responsabili, se non si darà vita a una Grande Coalizione, l’Italia sarà irrimediabilmente destinata ad andare in serie B» – e il ministro Andrea Riccardi, che ha detto: «L’attuale maggioranza e il governo Monti rappresentano un’originale transizione, perché hanno mostrato il valore dell’idea di coalizione di forze diverse e di sintesi. Una sintesi alta, non di compromessi».
Sostegni autorevoli allo scenario, provengono dall’interno dei partiti, con un punto in comune: non se ne parli della “grande coalizione”, prima del voto, ma dopo. Questo il ragionamento, espresso su “Il Foglio”, dall’ex Ministro Frattini e dal vice-presidente vicario dei senatori del PDL, Gaetano Quagliariello, ma anche da Pierluigi Bersani, su “Repubblica”. I tre, e molti altri con loro, “non escludono”, per il bene del paese, una grande ammucchiata. I cittadini andrebbero a votare coalizioni separate e alternative, ma se non ci fossero i numeri per governare e la crisi continuasse, poi si ritroverebbero uniti. Tutto, s’intende, per il bene del paese. Attonito di fronte a questa politica che, dopo essersi autosospesa, dimostra due cose: di quale pasta ipocrita e imbelle sia fatta e che la crisi non è economica, ma etica.
Danilo Quinto
Fonte: Corrispondenza Romana