Sino ad oggi la stampa mondiale l’ha chiamata “Gaby C.”. Ora sappiamo che si chiama Gabriela Caballero, che ha 38 anni e che vive come detenuta, da tre anni, nell’unità 47 del Penitenziario “San Martín” vicino a Buenos Aires. Questo carcere, con le tre unità che lo compongono (46, 47 e 48), ospita una popolazione carceraria di 1300 persone. Papa Francesco ebbe notizia per la prima volta di Gabriela e del suo laboratorio per fabbricare ostie da consacrare, durante la prima colazione del 16 luglio scorso.
Il vescovo di San Isidro, mons. Oscar Vicente Ojea, quel giorno seduto a tavola parlò al Papa di Gabriela, detenuta argentina che sta scontando una pena di 7 anni e del suo singolare laboratorio.
Mons. Ojea ricorda: “Ho consegnato al Papa la lettera e le fotografie del laboratorio che (Gabriela) gli aveva mandato. Il Papa rimase molto colpito che questa ragazza facesse le ostie con cui celebriamo la Messa”. Il Santo Padre, prosegue il vescovo, “prese il pacco senza aprirlo e lo portò personalmente nel suo appartamento”.
Il 18 luglio Papa Francesco celebrò la prima Messa con alcune di queste ostie e il 19 scrisse con la sua calligrafia minuta una breve lettera di ringraziamento per Gabriela.
Mons. Ojeda commenta: “Ciò che più mi ha impressionato della lettera del Papa è la frase in cui dice di essere sicuro che lei prega per lui. Mi ha colpito che il Santo Padre si senta sicuro di una persona insicura perché privata della sua libertà. E’ quasi un paradosso: sentirsi sicuro con la preghiera di una persona che sta soffrendo”.
Nell’unica intervista concessa da Gabriela, con accanto il suo angelo custode, il cappellano, padre Jorge Garcia Cuerva, la giovane donna ricorda che fu il sacerdote a comunicarle telefonicamente che il Papa aveva risposto con una lettera personale.
“Io conosco a mons. Ojeda”, prosegue Gabriela, “poiché spesso viene a trovarci. Quando ho saputo che andava dal Papa non ebbi nessun dubbio: era l’occasione per donare al Papa alcune delle nostre ostie artigianali e alcune fotografie del nostro laboratorio”.
“Gabriela, aspettavi una risposta?”, domanda il giornalista (Daniel Rojas Delgado, Nova),
“Sinceramente – risponde Gabriela – non immaginavo che mi avrebbe risposto. Non volevo farmi illusioni. Ho scritto al Papa una lettera (…con un gesto fa capire che era piuttosto lunga) e le mie compagne mi dicevano: Il Papa ti risponderà. Lui risponde a tutte le lettere. Questo Papa vuole arrivare a tutti e ovunque. Vuole essere vicino alla gente, al popolo e noi siamo popolo. Vedi Gabriela, siamo abituati a vedere Papi molto strutturati. Questo è diverso, fuori dal comune, è tutto il contrario“.
Gabriela nell’intervista racconta la storia del laboratorio dove lavora con altre sue compagne di cella e sottolinea: “Usiamo macchine e attrezzi molto vecchi. Sono utensili datici in prestito da alcune religiose. Le nostre sono ostie artigianali perché vengono fatte con questi ferri. Non c’è nulla di digitale come si usa oggi. Vengono fuori grandi o piccole ma poi facciamo il taglio preciso. Mi aiuta Graciela Cabrera che viene da un altro ufficio del carcere dove lei lavora”.
E tornando alla lettera del Papa, Gabriela commenta: “Mi ha fatto felice sapere che era una risposta solo per me. Leggere ‘cara Gabriela’, fu un colpo per me, privata dalla libertà e in un luogo con tante ore buie. Sono felice di sapere che da un carcere si può arrivare in Vaticano”.
Gabriela si alza e va a prendere la lettera del Papa e a voce alta legge:
“Cara Gabriela, Mons. Ojeda mi ha portato la sua lettera. Ringrazio per la sua fiducia e anche per le ostie. Da domani celebrerò la Messa con queste ostie e posso assicurarle che è una cosa che mi emoziona. La sua lettera mi ha fatto riflettere e perciò pregherò per lei. Mi rallegra e mi dà sicurezza sapere che anche lei prega per me. Mi sarà vicina. Grazie ancora una volta per avermi scritto e per le fotografie: le terrò davanti a me sulla mia scrivania. Che Gesù la benedica e la Vergine Santa abbia cura di lei. Francesco“. (*)
Padre Jorge García Cuerva, capellano della “Unidad 47” e responsabile della pastorale carceraria per l’America Latina e i Caraibi, presente all’incontro di Gabriela con il giornalista, con riferimento al laboratorio commenta: “Dico sempre che questo laboratorio è un qualcosa di molto simbolico. Tutto cominciò in un bagno. All’inizio era molto difficile ma ci siamo detti: abbiamo solo questo e dobbiamo andare avanti. Abbiamo rimodellato il bagno e abbiamo portato le macchine.
Ci siamo ricordati di ciò che dice il documento di Aparecida sulla gente che viene trattata come uno scarto o un avanzo. Sappiamo che per Gesù non è così.
E’ proprio il contrario: la gente che altri scartano per Gesù invece sono il centro. In questo, il laboratorio che cominciò in un bagno di un carcere, meglio, le sue ostie diventano quindi il centro della Chiesa perché sono l’Eucaristia. Per noi la sfida era incarnare la parola di Gesù”.
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* Lettera del Papa – Testo originale in spagnolo
“Querida Gabriela: Monseñor Ojea me trajo su carta. Le agradezco la confianza… y las hostias. Desde mañana celebraré misa con ellas y le aseguro que me emociona. Su carta me hizo pensar, y con esto me lleva a rezar por usted… pero me alegra y da seguridad que usted rece por mí. La tendré cercana. Gracias de nuevo por escribirme y por mandarme las fotos: las tendré delante de mí en el escritorio. Que Jesús la bendiga y la Virgen Santa la cuide. Cordialmente. Francisco”.
Luis Badilla
Fonte: Il Sismografo