All’inizio degli anni Sessanta del Novecento in alcuni ambienti esegetici anche cattolici iniziò a rafforzarsi un’ondata di scetticismo, se non addirittura di sufficienza, nei confronti dei racconti evangelici canonici dell’infanzia (i primi due capitoli di Matteo e di Luca). A farne le spese era in particolare l’episodio dei magi, dei quali si arrivava a proclamare senza esitazioni che non fossero mai esistiti.
Per reazione si diffuse una storiella, riferita con arguzia da Raymond E. Brown nel suo vastissimo studio The Birth of the Messiah.
Negli Stati Uniti uno di questi «denigratori dei magi» aveva ricevuto una cartolina natalizia dipinta a mano che raffigurava appunto questi personaggi evangelici i quali, arrabbiatissimi, bussavano alla porta dello studioso che li aveva sommariamente liquidati chiamandolo per nome e chiedendo di essere da lui ricevuti.
L’aneddoto è emblematico della situazione dei vangeli dell’infanzia. Testi affascinanti, conosciutissimi nel loro complesso ma in realtà molto difficili, costituiscono una sfida e un incanto per chi li legge e li studia. Così come un incanto e una sfida costituisce il libro — terzo e ultimo di un trittico unico nella storia del papato — che Benedetto XVI ha espressamente dedicato a queste pagine evangeliche, tanto scarne quanto dense di significato, ognuna di esse «narrazione in miniatura, ma sostanziale, del Vangelo», secondo la definizione di Brown. Sin dalla premessa della prima parte dell’opera dedicata a Gesù di Nazaret e pubblicata nel 2007, il Papa aveva annunciato la trattazione sui racconti dell’infanzia, che allora sperava di includere nel secondo volume e che invece, quando questo uscì nel 2010, venne rimandata a un «piccolo fascicolo».
Minore di estensione, la terza parte ora affidata ai lettori è certo più essenziale ma non meno impegnativa delle precedenti. La riflessione dell’autore, in alcuni tratti appena accennata, si fa anzi più radicale ed esigente. E appare ormai chiaro il senso della doppia firma (Joseph Ratzinger e Benedetto XVI): certo per sottolineare che non si tratta di «un atto magisteriale» ma dell’«espressione della mia ricerca personale», come avvertiva il Pontefice nella premessa iniziale. Una ricerca però non limitata all’ultimo decennio — il cardinale Ratzinger iniziò a lavorare all’opera nell’estate del 2003 — ma che è frutto di un’intera vita. Che il Papa ha voluto tenacemente concludere, nonostante l’immane carico che ogni giorno deve portare come successore del primo degli apostoli.
Definita dall’autore «sala d’ingresso ai due precedenti volumi», la terza parte ne costituisce in realtà il sigillo, nello sforzo di comprensione del testo. Che cosa intendevano dire gli autori? Ed è vero il loro racconto? Riguarda me? Di fronte a scritture ritenute ispirate da Dio — afferma con convinzione Benedetto XVI — «la domanda circa il rapporto del passato con il presente fa immancabilmente parte della stessa interpretazione. Con ciò la serietà della ricerca storica non viene diminuita, ma aumentata».
E la domanda fondamentale che apre la terza parte è quella rivolta da Pilato a Gesù (Giovanni, 19, 9) e intorno alla quale ruota tutta l’opera del Papa: «Di dove sei tu?». Domanda che spinge il cammino dei magi, nei quali il Pontefice vede «l’attesa interiore dello spirito umano, il movimento delle religioni e della ragione umana incontro a Cristo». Il bussare dei magi alla porta dell’esegeta incredulo richiama allora quello descritto nell’Apocalisse (3, 20): «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me».
Fonte: Osservatore Romano