Il documento “Verso una Strategia nazionale per combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” a firma del Dipartimento delle pari opportunità e del suo ufficio UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), il cui contenuto è stato qui sintetizzato dal Direttore l’11 maggio, presenta un’infinità di lati oscuri e inquietanti. Uno dei tanti è dato dal fatto che il documento non nasconde il tentativo di attuare un vero e proprio golpe di Stato bianco.
Ecco cosa si legge: l’intento della Strategia “nel contrasto alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere […] è, dunque, quello di contribuire alla attuazione di un piano di misure sul piano amministrativo, che, al di là di un quadro normativo incompleto, possa essere di supporto alle politiche nazionali e locali nella materia in questione nel rispetto degli obblighi assunti a livello internazionale ed europeo”.
Vale a dire che se una legge non c’è ancora che ad esempio legittimi i “matrimoni” omosessuali o che sbatta in galera chi pensa che l’omosessualità è condizione contro natura, ci penseranno gli enti locali – comuni, province, regioni – a “legiferare” attraverso il diritto amministrativo e la prassi. Ed infatti quali sono gli ambiti privilegiati in cui intervenire per diffondere la cultura “gender”? Scuola, lavoro, media e sicurezza-carceri. Esclusa l’area dei mezzi di comunicazione di massa, gli altri ambiti sono quelli che classicamente spettano come competenza alle amministrazioni locali.
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